Le estati, specie da quando finiscono le scuole e si entra nel rutilante mondo del lavoro, hanno bene o male sempre lo stesso canovaccio. Mesi di preparazioni, organizzazioni, voli, alberghi, ansie, dubbi, fregature per poi stare sette giorni in un fazzoletto di sabbia con la densità abitativa di Hong Kong.
Una routine oramai consolidata, che ogni anno, ad un certo punto si blocca su un trigger sempre presente, una vocina che da dentro la coscienza, anzi dal più profondo dell’incoscienza, ci porta a chiedere a noi stessi: ma come faccio a non andare a Sziget anche stavolta?

Già, Sziget Festival. Un’altra abitudine, un’altra routine che ogni anno torna sulle rive del Danubio nelle fattezze di uno dei festival musicali più importanti del mondo. Una necessità per gli habitué, una visione per i novizi.
Come ogni anno l’isola di Obuda, nel cuore di Budapest, si è trasformata in un microcosmo utopico dove più di mille spettacoli, 60 nazionalità e centinaia di migliaia di “Szitizen” hanno celebrato la cultura globale sotto il cielo ungherese. Un’edizione indimenticabile, con il festival che ha accolto il suo 11milionesimo Szitizen dalla nascita per un totale di 416.000 partecipanti, 1.073 performance e un numero incalcolabile di abbracci e sorrisi sotto i palchi.

Un Festival, mille mondi: benvenuti sull’Isola della Libertà
Sziget non è solo un festival musicale: è una città temporanea, un esperimento sociale, un viaggio interiore. Appena si attraversa il ponte che collega Budapest all’isola di Óbuda, si entra in una dimensione parallela. I colori, i suoni, le installazioni artistiche e le vibrazioni positive ti avvolgono come un abbraccio collettivo.

Un abbraccio familiare ma sempre sorprendente, specie quest’anno che l’organizzazione ha introdotto una novità rivoluzionaria: la suddivisione dell’area in quartieri tematici, ognuno con una propria identità musicale e culturale. Il Delta District è diventato il cuore pulsante della notte, con il rinnovato Yettel Colosseum, il Bolt Night Stage e la nuova venue indoor The Club by Don Julio. Il Szoho ha ospitato il palco The Buzz, dedicato all’indie, al pop alternativo e alla world music, insieme al dropYard che ha infiammato gli amanti dell’urban con hip-hop, drum & bass e reggaeton. Il Paradox, invece, ha incantato con spettacoli circensi, danza contemporanea e teatro di strada.
“Non avevamo mai iniziato uno Sziget con un’attesa così carica di tensione,” ha raccontato Tamás Kádár, l’uomo al timone del festival. “Sono felice di dire che il verdetto è unanime: questo cambiamento ha fatto bene a Sziget.”

Insomma, nuovi festival vecchie emozioni, in modo che, gattopardianamente, possa cambiare tutto senza doversi per forza perdere nelle nuove mappe della location. Ed emozioni, fidatevi, se ne provano sempre, distretti tematici o meno. Proverò a raccontarvene alcune, descrivendo la mia sei giorni ungherese tra musica trance e grandi bevute, sotto i palchi che più ho preferito.
Il mio Sziget 2025
Arrivato alla mia quinta edizione sul campo la mia capacità organizzativa e il mio senso dell’orientamento sull’isola rasentano la perfezione, o almeno questo è quello che mi racconto mentre parto all’alba con 3 ore di sonno addosso e senza avere ancora i dati del check-in a disposizione.
Come al solito anche quest’anno ho preferito soggiornare fuori dall’isola, in una casa con un materasso ed un bagno. Scomoda per la spoletta giornaliera con location ma vitale per le esigenze di un quasi anziano. I puristi hanno optato e opteranno sempre per il campeggio dentro al festival, a due passi dagli stage, con la musica a bomba fino all’alba e il sole a picco venti minuti dopo. Solo rispetto per loro, ma dopo i 30 anni se campeggiate lì siete dei bei visionari.

L’isola è sempre la stessa che ho conosciuto negli anni precedenti, e anche i nuovi distretti pensati non stravolgo l’essenza del luogo. C’è la ruota panoramica, il bungee jumping, i pazzi scriteriati che si lanciano con la fionda umana e un brulicare di umanità sorridente che respira libertà. Oltre a tonnellate di musica che viene sparata a palla da tutte le direzioni.
Le venue di Sziget 2025
Gli stage sono i consueti, anche se organizzati in maniera diversi. C’è l’area Paradox, con il circo, i giochi e le attività ludiche varie (l’area che mi vedrà meno presente, lo ammetto). Szoho, con i già conosciuti Dropyard e The Buzz, tra hip-hop e indie. E il Delta District, dove si piazza l’àncora da mezzanotte in poi, tra il sempre emozionante Colosseum, il potente Bolt Night Stage e la nuova venue indoor The Club by Don Julio (che essendo indoor aveva sempre la fila fuori e per questo è stata da me evitata scientemente tutta la settimana).

E poi c’è il cuore pulsante dell’isola, la combo Revolut Stage + Main Stage, il centro gravitazionale di tutte le giornate. Senza dimenticare la nord field, con il Magic Mirror (sempre sold out) e il nostro amato Lightstage, che ha visto tanti artisti italiani esibirsi. Niente spiaggia quest’anno causa Danubio alto, la “Sziget Beach” è stata riacchittata un poco più avanti con musica ambient (che alle 7 del mattino è la vita!).
Tanti palchi, un solo mood: quello della presa a bene costante
Il Main Stage
Se c’è un luogo che ha catalizzato emozioni, sorprese e momenti da brividi quello è per forza il Main Stage. Iconico, monumentale, e circondato da una folla oceanica ogni giorno, questo palco ha ospitato alcuni dei nomi più influenti della musica mondiale, trasformando ogni tramonto e ogni notte in un’esperienza collettiva indimenticabile

Tanti i nomi pesanti passati da quelle parti, anche quest’anno: ha cominciato Charli XCX con un set esplosivo, tra luci stroboscopiche e visual futuristici. E poi nei giorni successivi Shawn Mendes con la sua voce cristallina e una presenza scenica magnetica, Kid Cudi che ha alternato momenti di introspezione a esplosioni di energia, un emozionatissimo Post Malone e una solare Chappel Roan che ha chiuso il palco in mezzo ad una ondata rosa di fan che ha invaso l’isola.
Altri sono però i concerti che più mi hanno emozionato e che vi voglio sottolineare:
- Nelly Furtado, con un live che è stato pura energia e nostalgia. Canzoni che mi hanno riportato alle superiori insieme a nuovi successi, con una voce impeccabile e il pubblico inaspettatamente in delirio
- FKA Twigs e il suo set tra performance e concerto, con brani che hanno commosso il pubblico, mentre ogni movimento sul palco sembrava parte di un rituale. Un’esperienza multisensoriale insomma.
- Anyma, al secolo Matteo Milleri (Tale of Us), primo headliner italiano della storia del festival, che ha presentato uno show audiovisivo immersivo, con visual generativi e suoni cinematici. Una bomba di bpm e viaggi spirituali, che sarà stato fighissimo anche se lo avessi fatto da sobrio, ne sono certo.
- Rilès, che ha dato vita ad uno dei migliori live della settimana, tra beat potenti e pogate pericolose. Rap francese arrabbiato e carismatico, accenni soul e influenze afro-beat che hanno generato un’onda ritmica potente, trasformando il set in una celebrazione della libertà espressiva. Chapeau!

Revolut Stage
Il Revolut Stage è il rifugio perfetto per chi cerca emozioni autentiche e nuove scoperte musicali. Ogni giorno ha ospitato artisti emergenti e voci potenti, diventando molto più di un palco secondario. È la casa dell’elettronica di qualità, del pop alternativo e, cosa non indifferente, ultimo baluardo di resistenza della musica rock sull’isola.
Nei giorni il palco ha ospitato grandi artisti come Fat Dog e Caribou (che mi sono perso), gli australiani Empire of the Sun e i francesi Justice, entrambi con dei set quasi mistici, e la technona incazzata di Brutalismus 3000 e LSDXOXO, 3 ore di bombe a mano sotto forma di bpm che ci hanno accompagnato verso la chiusura l’ultima serata

E i miei preferiti, i Refused, band hardcore punk svedese che ha avuto la buona creanza di riportare su un palco dello Sziget delle chitarre elettriche, non così frequenti quest’anno (oltre ad una bandiera della Palestina, forse la prima vista sul palco durante la settimana). Una cosa non indifferente, specie per un festival che ha visto dei cambi di line-up e l’esclusione della band Kneecap per alcune dichiarazioni propal).
Delta District
Per chi Sziget lo vive soprattutto la notte il Delta District è una specie di Mecca: le luci, le casse, i bassi che fanno vibrare tutto il corpo e le luci che ristorano anche l’anima. L’area tematica dove farete la fossa, se come me amate la musica elettronica.
E anche quest’anno, vuoi la nuova disposizione, vuoi le vecchie abitudini, di buona musica ne abbiamo ascoltata assai.

Nel Colosseum ad esempio, il mio posto del cuore, un anfiteatro costruito coi pallet dove la musica ti arriva da ogni direzione, a 360 gradi. In questa arena per gladiatori del tremila ci hanno fatto ballare in tanti, da I Hate Models la prima sera, continuando per Cera Khin (che si è fatta addirittura preferire a Boris Berja che suonava in contemporanea) , Chris Liebing e The Blessed Madonna. Musica a palla fin dalla mattina e acqua amara fino a colazione
Per non parlare di quello che abbiamo ascoltato al Bolt Night Stage, l’enorme tensostruttura al centro del District che quest’anno ha proposto, oltre alla solita scorpacciata di BPM, tre serate tematiche che, almeno personalmente, son piaciute assai: Awakening, come il famoso e storico collettivo di serate techno in Olanda, con i set di Len Faki e Amelie Lens (spaziali entrambi); Trance, con viaggi nell’iperuranio insieme a Lara Van Dam, Armin Van Buuren, Vini Vici e Maddix; DNB, con il meglio della Drum ‘n bass europea (1991, Dublic e epici B2B).
Szoho
Quest’anno il DropYard, la casa dell’hip-hop e della drum ‘n bass, e il The Buzz, patria dell’indie, sono stati avvicinati e inseriti nel distretto tematico chiamato Szoho. Frizzante e colorato come il quasi omonimo quartiere londinese, l’area ha vissuto di vita propria tra artisti emergenti da scoprire e nomi più consolidati che tentano di uscire dal mercato nazionale.
È il caso dei nostrani Fast Animal and Slow Kids ad esempio al The Buzz, o di Beba, sempre nostra connazionale, che ha spaccato il Drop.
Due però i live sorprendenti e da consigliare: i Radix, spaziali, musica elettronica suonata con violoncelli e violini e gli Hanabie, band metalcore giapponese a metà tra il metal e il manga. E complimenti ai beatboxer di beatboxeurope.com, ci hanno fatto ballare per un’ora usando solo la loro voce.

Gli italiani a Sziget 2025
Oltre ad una nutrita flotta di connazionali intenti a divertirsi sotto palco, Sziget 2025 ha visto tra i protagonisti anche tanti italiani tra le fila degli artisti: i Fast Animals and Slow Kids (FASK) hanno scatenato un live ruvido e potente, degno del loro nome. Anna Castiglia ha portato la sua scrittura tagliente e poetica sul Lightstage, Beba ha acceso il pubblico internazionale del Dropbox con il suo mix di grinta e carisma, whitemary ha fatto ballare tutti.
Senza dimenticare Savana Funk, 999999999, Agents Of Time, Mathame, Zatox, e molti altri. Un vero e proprio showcase della creatività musicale italiana, che ha conquistato il pubblico internazionale. Insomma il tricolore sventola sempre forte sull’isola di Obuda
E per il 2026?
E per il 2026, come da celebre canzone di Piero Focaccia, non cambiare: stessa spiaggia, stesso mare, stesso festival.
Ci rivediamo tra un anno sempre sotto al palco del main stage. Le pre-registrazioni per l’edizione 2026 sono ufficialmente aperte e chi si iscrive su www.szigetfestival.com avrà accesso all’early birt del Full Festival Pass, ovvero l’abbonamento ad un prezzo più basso. Occhio che l’offerta è limitata, e vi conviene approfittarne in attesa di scoprire le nuove date e la prima ondata di artisti.
Perché per quanto ti puoi organizzare, per quanto ti possono succedere mille cose, alla fine, la domanda rimane sempre la stessa, sempre lì nella testa: ma come fai a non andare al Sziget?