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Il cantante paroliere romano Lucio Leoni all’ Auditorium Parco della Musica

Auditorium Parco della Musica. Che già a suonarci il magone un po’ ti viene. Soprattutto se nella sala principale c’è un certo Bob Dylan. E’ a Lucio Leoni che capita la patata bollente. Il cantante/paroliere romano accoglie il pubblico nello spazio raccolto del Teatro Studio Borgna con la sua band, che include anche il duo “Le sigarette” (il bassista Jacopo dell’Abate e il batterista Lorenzo Lemme).

Proprio un “Teatro” per ospitare un artista in bilico tra teatro e canzone, che ci presenta il suo concerto come uno spettacolo in cui seguire il filo rosso che lega i brani creando una storia, e che non si fa mancare interazione con il pubblico, improvvisandosi anche maschera per gli ultimi ritardatari perché “le hanno date tutte a Dylan”. “La pecora nel bosco” è il brano di apertura del concerto così come del nuovo album, “Il lupo cattivo”. Un’analisi dissacrante del rapporto di coppia: in ogni storia si possono trovare dei dettagli e delle abitudini comuni, ma in fondo non si potrà mai rivivere quello che si è già vissuto. Poi è la volta di “Luna”, e “Le interiora di Filippo”, il frutto di una conversazione notturna tra Lucio e il suo tastierista Filippo Rea. Un brano folle e geniale, che accosta la ricerca nel linguaggio con quella sul cibo, sulla morte, sulla vita. E sul silenzio che “prende senso come preludio al suono” e “come condizione di riposo a cui tutta la musica tende”. 

Dopo “Mapuche” una dolce quanto disillusa ninna nanna a un bimbo che chissà se mai nascerà, “Stile libero” e “Come non detto”, Leoni omaggia Tenco, esibendosi (solo con il suo chitarrista storico Daniele Borsato) in “Io sono uno” pezzo che ha arricchito con le parole pronunciate da Tenco stesso nel 1966 durante un dibattito sulle “canzoni di protesta” al Beat 72. Poi la dolcissima “Domenica” , “Sigarette” un brano sulla perdita, e “Ma perché non dormi mai” una canzone che è un’ intima confessione del cantante, nella quale possiamo in qualche modo rispecchiarci tutti. Lucio lascia momentaneamente il palco per lasciare spazio a “Le sigarette” che si esibiscono con la loro “Prurito” (bella scoperta). Si chiude con “A me mi” geniale inno generazionale (tutti i nati tra gli anni ’80 e ’90 potranno condividere a pieno ogni singola parola del testo) e il “Il lupo cattivo” il brano che da il nome all’album. “Non è cattivo!” urla una bambina dalle ultime file, interrompendo Leoni durante la spiegazione del testo, che si emoziona “Vabé, io non dico più niente, ha detto tutto lei”.

Leoni fa musica pensata e che fa pensare. Dove ogni parola ha ragion d’essere dov’è, sia quando fa piangere che sorridere. Come canta lui stesso “chi gioca con le parole, quando lo fa sul serio affonda le mani nelle viscere del senso”. E lui lo riesce a fare senza pesantezza, divertendoci e divertendosi, aiutato anche da bravi musicisti (oltre agli altri già menzionati, anche le trombe di Giorgio Distante). Tutti abbiamo tante cose da dire ma pochi riescono a dirle come si deve. D’altronde non è questo che dovrebbe fare un Autore? Dare voce alle emozioni? Farti pensare “Si, è proprio vero! Ma io non trovavo le parole!”.

E in un panorama come quello di oggi è un miracolo. Il tutto mentre nella sala accanto suona Dylan, un passato che sarà sempre presente e un presente che si sta facendo le ossa per cercare di diventare futuro.

Lunghi, meritati applausi.

 

Gioia Abbattista

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