L’ I-Days Festival 2016 è giunto al termine portandosi a casa numeri da capogiro. Per la prima volta al Parco di Monza, la rassegna musicale più seguita dal popolo rock italiano ha visto calpestare il suo prato da circa 50.000 persone. C’era molta ansia attorno alla buona riuscita della manifestazione, ferma ai box dal 2012 quando ancora si svolgeva all’Arena Parco Nord di Bologna.
Gli I-Days di oggi si sono evoluti di pari passo coi nostri tempi e tutto lo scetticismo dei più conservatori è stato spazzato via dai numeri mostruosi macinati nel weekend dall’8 al 10 Luglio.
Stavolta la musica è cambiata, in tutti i sensi.
Addio alla vecchia location e alla musica punk rock, che da sempre era stata il filo conduttore degli Indipendent Days (vecchio nome del festival).
Venerdì 8 Luglio, alla prima delle tre serate, c’eravamo anche noi. O meglio avremmo voluto esserci dall’inizio della giornata, ma il fascino dell’arrivare in ritardo ha preso il sopravvento. Così dopo aver percorso chilometri a piedi tra la flora boschiva del Parco, finalmente le nostre orecchie hanno percepito dei suoni in lontananza. Un miraggio, come un’oasi nel deserto del Sahara.
Le note sono quelle di Jake Bugg, che sta per concludere il suo concerto dinnanzi a qualche migliaio di fan urlanti e molto sudati. Neanche il tempo di riprendere fiato che sul main stage ecco spuntare Paul Kalkbrenner accerchiato da decine di led luminosi. Il colpo d’occhio è fantastico: un mare di gente che fa festa sotto un cielo estivo pieno di stelle.
Non sarà facile arrivare al livello di Sziget, Reading o Glastonbury, ma la prima pietra finalmente è stata posata.
Articolo di Michelangelo Paolino.