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#4Talent: KAVOUR: Il coraggio di esistere e di vivere senza maschere.

kavourCarmine Cirillo, in arte Kavour, fa musica da trent’anni. Un album di recente pubblicazione, Il coraggio di esistere, che è anche il titolo del suo ultimo singolo. Nel suo percorso musicale una piccola parentesi, quella di The Voice, che lo ha portato nel team di Raffaella Carrà. Ed è proprio da qui che iniziamo la nostra chiacchierata.

The voice è definito come il talent della voce… ma quanto è vero che conta solo sulla voce?

K: Un po’ come tutte le cose non conta solo il talento vocale, ma sicuramente c’è molta attenzione anche all’aspetto fisico. Già nel mio caso ne abbiamo avuto la riprova: alle blind audition sono stati fatti notare i miei chili di troppo. Io l’ho presa scherzosamente, è successo tutto molto rapidamente. Dopo ore di attesa nel backstage, non stai molto a ragionare a come rispondere. In diretta ho accettato la sfida della Carrà di perdere qualche chilo per stare in squadra con lei perché pensavo fosse un personaggio forte con i suoi molti anni di esperienza. Poi si è rivelato una scelta un po’ sbagliata perché lei guarda molto all’immagine… e invece l programma si chiama The Voice, non The Body.

La cosa più importante che hai imparato da Raffaella Carrà?

K: Raffaella non era molto presente: gli altri coach stavano più insieme alla squadra e facevano gioco di gruppo. Nel poco tempo passato insieme, però, c’è una frase che mi è rimasta impressa. Ci ha detto che, nonostante l’età e l’esperienza, bisogna affrontare il palco con il coraggio di avere paura. Se hai paura vuol dire che sei ancora vivo artisticamente, non ti senti arrivato. Lei già vedeva in tanti una forma di insicurezza e ha voluto smuovere le coscienze con questa frase.

Nel tuo singolo ritorna il tema del coraggio. Cos’è per te il coraggio di esistere?

K: È il coraggio di affrontare la vita nonostante tutte le bruttezze che ci circondano. Alzarsi la mattina e vivere è già un coraggio al tempo d’oggi. Lo vediamo dalle notizie, dal terrorismo, da tutto quello che ci porta dello sconforto… il coraggio della mamma che porta il bambino a scuola, del politico. Il coraggio di affrontare la vita senza maschere, soprattutto.

Di cosa avevi paura da piccolo e di cosa hai paura adesso?

K: Da piccolo avevo paura del buio. L’ho superata facendo una regressione (per chi ci crede, ovviamente). Ho scoperto come avevo vissuto questo trapasso e poi da quella volta non ho più avuto paura… prima accendevo la luce per andare da una parte all’altra della casa, mi creavo il mio labirinto di luci. Oggi come oggi, come dico nel brano Specchi, forse la paura di morire in malo modo. Non la paura di morire, perché prima o poi ci si arriva, ma di morire male.

Nel videoclip del brano ritroviamo tuoi amici. Hai scelto di raccontare le loro storie o interpretano dei personaggi?

K: C’è una parte di verità e una parte di finzione. Sono i miei amici, che mi seguono anche nei live da un po’ di anni. Nel video si vedono come sono realmente, non sono particolarmente truccati o preparati. In alcune scene ci sono esperienze di vita reali: per esempio i ragazzi tatuati, che però sono anche molto credenti. È un’antitesi: ancora oggi è diffusa l’idea che chi è tatuato ha l’animo più sporco. Ci sono alcune scene che corrispondono alla realtà, inserite per spiegare concetti che ritornano nella canzone.

Con uno sguardo più ampio parliamo dell’album: lo hai definito un inno al dono, all’amore gratuito e alla sovrabbondanza. L’album parla di questo, di celebrare la vita e i buoni valori di una volta?

K: I valori di sempre, sono ancora quelli. Di affrontare l’amore. La perdita di persone care (in Specchi). Un lasciarsi e ritrovarsi dopo il temporale. Il pentimento per aver perso delle occasioni che non abbiamo saputo sfruttare (in Chissà). È un viaggio personale nei sentimenti.

#4meaning Nel tuo ultimo singolo dici “Ho visto usare le cose come fossimo eterni”, ce lo spieghi?

K: Questo capita tutti i giorni. Per esempio: con i nostri computer, i nostri cellulari… sono cose che costano e questo ci dà un senso di gratificazione, pensiamo possano darci per sempre la felicità, anche quando non è così.

Kavour è già al lavoro su un progetto nuovo. Ci sarà anche un adattamento in spagnolo del singolo “Il coraggio di esistere”. Intanto lavora con la sua formazione, i Kavour Quintet, per preparare il live (una parte di inediti e una parte di cover). È un progetto che continua: che è iniziato da trent’anni, è passato per The Voice, e continuerà a portare tanta altra musica. Ù

Manuel Malavenda

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A furia di raccontare le sue storie, un uomo diventa quelle storie. Ecco perché scrivo da sempre: per confondermi con le parole, immaginare cose che non si possono vedere e raccontare cose che si possono solo sentire. Come la musica. Ho una pagina Facebook dove parlo della bellezza, perché è di questo che dovremmo riempire le nostre vite: di bellezza.

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