L’uragano Levante, tra macerie ed alberi in fiore.
BY Redazione
6 Novembre 2015
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Levante non è solo il nome di un famoso vento: quella di cui parlo io è un vero e proprio uragano. Il teatro Magnani di Fidenza in occasione del Barezzi Festival ha ospitato una delle tappe dell’ #ABCDT Tour, così chiamato perché sigla di Abbi cura di te, ultimo album della cantautrice, e perché considerato una sorta di ABC per trovare la felicità. Abbi cura di te è infatti un concept album che parla di questo: accorgersi del bello e del buono che c’è nelle nostre vite e fare di tutto per tenercelo stretto, vivere con sincerità e passione, seguire l’istinto e mettere a tacere le paure. La scrittura intelligente di Levante è ancora più esplosiva dal vivo: le frasi e le parole inchiodano alla sedia per la loro onestà e per quanto risulta facile ritrovare un pezzo della propria storia dentro. È la voce della cantante che con un “L’amore è l’unica cura. Abbi cura di te.” dà inizio al concerto portandoci dentro al suo mondo fatto di macerie ed alberi in fiore. Si parte con la title track, la sua dichiarazione d’intenti, e subito mette in chiaro che tutto il live sarà un misto di grinta e lacrimoni. Già al pezzo successivo, Caruso Pascoski, sgambetta e saltella sul palco senza fermarsi un attimo. La scaletta si srotola tra pezzi molto rock, Tutti i santi giorni, pezzi del primo album che non avevano trovato posto nella scaletta del tour estivo, come Come quando fuori piove e Farfalle, e successoni, Sbadiglio, fino ad arrivare alla tripletta dei tre singoli estratti dall’ultimo album. Impossibile rimanere fermi con Le lacrime non macchiano (e infatti Levante si dice dispiaciuta per noi che dobbiamo rimanere seduti e composti mentre lei può scatenarsi sul palco), impossibile non pensare a qualcuno a cui dedicare Ciao per sempre e soprattutto difficile trattenere le lacrime con Finché morte non ci separi. Pendiamo tutti dalle sue labbra che su note di pianoforte ci raccontano la fuga d’amore dei suoi genitori da ragazzini e ringraziamo il resto della band quando fa il suo ingresso, batteria e chitarra elettrica che con la loro dirompente forza aiutano a sfogare tutta la malinconia e dolcezza che Levante ci ha depositato sul cuore. L’emozione è così tanta nell’aria che quasi non c’è ossigeno. Questo perché Claudia Lagona, questo il suo vero nome, ha un carisma particolare che va oltre la sua voce. Sul finale di Mi amo, una lunga parte strumentale, la vediamo
muoversi e ballare con un’espressione di assoluta felicità stampata sul volto e le basta fare quello per convincerci che amare sé stessi è la cosa più gratificante e facile al mondo. Si procede sul filo dell’ironia, simpaticissima Pose Plastiche, fino ad arrivare alla canzone che ha portato Levante alla ribalta. Il pubblico risponde calorosissimo alla hit Alfonso. Credetemi: Levante può anche non rappresentare il vostro genere di musica ideale, ma non c’è niente di più catartico che cantare a squarciagola “Che vita di merda!” (neanche il silenzio per guardare le stelle, cara Claudia, raggiunge questi livelli di catarsi). Simpatica anche la rivisitazione di Libiamo ne’ lieti calici, un omaggio a Verdi richiesto dal Barezzi Festival. Un concerto che fa capire come questa giovane cantautrice, in così poco tempo, sia riuscita ad avvicinare a sé così tanta gente: con energia, passione, simpatia e verità. La verità ripaga sempre.
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