Premetto che è una delle poche volte nella mia breve esperienza da giornalista in cui non so da dove iniziare a scrivere un’articolo. Ho cercato di posticiparlo il più possibile in un certo senso, ma dall’altra parte è dalle 22.30 circa di venerdì 5 giugno, quando le ultime note di un concerto memorabile andavano svanendo sul palco del Fabrique di Milano, che non riesco a pensare ad altro. Sapete, non è cosa da tutti i giorni avere l’opportunità di incontrare ed intervistare l’autore di brani come Read My Mind, Mr. Brightside e When You Were Young, che hanno fatto la storia del rock contemporaneo nonché della mia adolescenza, di cui i The Killers, capitanati dall’iconico Brandon Flowers, sono stati leader incontrastati. Brandon, che incontro nel backstage del locale di via Fantoli, è in Italia per presentare al pubblico il suo secondo lavoro solista, The Desired Effect, pubblicato per Universal Music lo scorso 19 maggio, cinque anni dopo il primo album in solitaria, Flamingo.
Ecco allora che fin dalla prima traccia di The Desired Effect ci troviamo completamente catapultati nei gloriosi anni 80, primo decennio di vita della rockstar classe 1981 i cui suoni sembrano accompagnarlo per tutta la sua carriera musicale e che qui trovano una realizzazione davvero degna di nota, come ci dice Brandon stesso “con un piede nel passato e uno nel futuro”. “Volevo davvero qualcosa di fresco, che non suonasse vecchio, ma magari ho fatto la scelta sbagliata. Non so davvero perché risulti così Eighties questo album, probabilmente è perché abbiamo usato tastiere Roland autentiche”.
Flowers con il suo nuovo lavoro ha ottenuto “L’effetto desiderato”, almeno a giudicare dal nome, che racconta sia nato quasi per caso: “l’ho scritto sul mio telefono e ho iniziato a ripetermelo, non so perché ma l’effetto desiderato è diventato una sorta di fissa e quindi ho deciso di renderlo il nome dell’album”.
Il disco, così come, poche ore dopo l’incontro che ha realizzato uno dei miei sogni da teenager, l’unico concerto italiano del tour , si apre con un brano che parla proprio dei sogni, Dreams Come True, ma come Brandon ammette, in modo un po’ sarcastico. “C’è del sarcasmo in Dreams come true: nella mia esperienza come figlio di una famiglia della working class non ho visto troppi sogni diventare realtà. C’è questo vecchio mito del sogno americano che rende gli americani ottimisti e credo sia una cosa buona di noi, ma i sogni non diventano sempre realtà, non per me come non per la gran parte della popolazione. Allo stesso tempo però devo ammettere che se i miei genitori non mi avessero detto che potevo farcela non sarei diventato il cantante di una band, quindi è stata una cosa molto positiva almeno nel mio caso.” “E allora c’è ancora un sogno che vuoi realizzare?”, chiedo incuriosita. “Un sogno per me? Non lo so, sono grato di essere parte dei Killers ed aver reso questo il mio lavoro, ,ma voglio ancora migliorare. Non lo so, nulla di specifico, la pace nel mondo?!”
Un consiglio per chi vuole diventare un artista? “Sarebbe davvero romantico dire segui i tuoi sogni e non mollare mai, ma vi dirò anche che quando ho iniziato io, mio zio disse a mia mamma – dovrebbe esserci un’età in cui si sa di dover smettere… 30 anni dovrebbe essere ok – ”.
Non sono l’unica ad avere realizzato un sogno lo scorso 6 giugno, o almeno ad aver trascorso una bellissima serata in compagnia di un grandissimo (e bellissimo nella sua giacca dorata, aggiungerei) uomo e performer, che nel suo set di circa un’ora e 30 alterna nuovi brani tra cui il singolo Can’t Deny My Love, a pezzi tratti da Flamingo come lo splendido singolo Crossfire, terzo in scaletta. “Ero molto eccitato per questo nuovo album, ma quando ho ricominciato a suonare canzoni provenienti dal primo album solista Flamingo e ho realizzato che non le suonavo da 5 anni… amo queste canzoni! È stato rinfrescante e mi ha reso felice riprendere a proporle dal vivo.”
Il locale milanese non è sold out, come si sarebbe tranquillamente immaginato per un artista che con la propria band ha riempito Wembley, ma spesso conta più la qualità della quantità ed è proprio questa la sensazione che prevale tra i presenti al concerto. Quello in sala è il pubblico di Brandon, non il pubblico dei Killers prestato a Brandon, seppure scatenarsi sul famosissimo intro di Human ed emozionarsi con l’iconicaMr. Brightside, suonata per l’occasione nella versione remixata da Jacques Lu Cont, è d’obbligo per tutti (anche se la mancanza della meravigliosa Read My Mind si sente eccome). L’intera performance scorre veloce, come la colonna sonora di un viaggio in macchina tra le highways americane, di cui già abbiamo parlato durante l’intervista:
“Assolutamente, tantissima della mia musica viene dai viaggi in macchina, guidando. Alcuni dei miei ricordi migliori sono in auto con mio padre ad ascoltare Elton John durante i nostri roadtrip.”
”Qual è la canzone dell’ album che rappresenta di più questa vita on the road?”
“Non lo so, la canzone che ti fa guidare più veloce? Sicuramente le mie preferite da suonare sono Lonely Town e Diggin’ Up the Heart”.
Proprio questi due brani, uno di seguito all’altro, rappresentano uno dei momenti più belli dell’ interno set, per cui non bisogna dimenticare gli elogi a dei musicisti davvero di livello e soprattutto a due fantastiche coriste. Il concerto si chiude con Still Want You, brano originariamente proposto da Brandon per l’ultimo brano in studio della sua band, Battle Born, ma scartato dagli altri componenti dei Killers, fin dal titolo una sorta di perifrasi allo stesso gruppo da lui fondato, ma che ora non riesce più completamente a comprendere, o forse al pubblico, il suo pubblico, che lo vuole e che lui vuole.
Beatrice Costanzo