C’è sempre qualcosa di magico e meraviglioso che accade nella messa in scena di un testo shakespeariano: versi scritti in un passato così remoto, si vestono di un’autenticità che travalica i limitanti confini del tempo per aprire di volta in volta topoi sempre diversi e mai banali. É il caso, più che mai sintomatico, del “Molto Rumore per Nulla” oggi in scena al Silvano Toti Globe Theatre fino al 7 Settembre. L’edizione e traduzione di Loredana Scaramella, è una festa per gli occhi e per le orecchie; vuoi per l’incessante botta e risposta dei suoi personaggi, in particolare Benedetto e Beatrice – magistralmente interpretati da Mauro Santopietro e Barbara Moselli – , rappresentanti di quello spazio/tempo che precede l’incontro di due mondi diversi (maschile e femminile); vuoi per la trasposizione della vicenda dall’esotica e sensuale Sicilia di shakespeariana memoria ad un Salento ideale, in verità molto simile nell’atmosfera ed escamotage perfetto per integrare pizziche a arie magistralmente eseguite dal vivo.
Per quanto il Silvano Toti Globe Theatre non sia un’effettiva copia del più celebre teatro londinese – in effetti non esiste copia del progetto originario -, tuttavia ne cattura interamente lo spirito, permettendo l’utilizzo dello spazio scenico nella sua interezza e inglobando il pubblico, fino a farne inconsapevole interprete esso stesso. Così l’azione ha origine dalla platea e ad essa farà ritorno ogni volta che se ne richiederà la complicità nel delicato gioco di equivoci che si intrecciano in questa e, in generale, in tutte le commedie di Shakespeare.
La guerra è finita e gli uomini fanno ritorno. La casa non è più solo regno incontrastato del femminino che, nelle sue mura, ha conservato intatte virtù e convinzioni, incontra l’uomo, il suo contraltare e nello spazio che immediatamente precede l’unione, ne svela gli articolati passaggi del cuore quando anch’esso non cede alla ragione. É il momento di una presa di coscienza intima e collettiva, la crescita che si cela dietro all’acume e all’ingegno. Seppur ogni personaggio rechi in sé il germe del progresso e del cambiamento di prospettiva, è però Benedetto colui che perfettamente ne incarna il senso, quando, per amore della sua “acerrima nemica” compie il fatidico passaggio da “buffone di corte” a capo del palazzo. Il tutto in una corte ospitale che mai chiuderà le porte in faccia a nessuno, neppure al nemico (quello vero).
Ben tre ore di messa in scena che eppure scorrono veloci, per quanto il Globe non sia famoso per la comodità delle sue sedute. Complice una compagine affiatata e versatile, in grado di rendere un vero spettacolo anche le danze popolari suonate e cantate durante i quindici minuti di intervallo. Eccezionali tutti, tra cui però spiccano la già citata coppia Santopietro/Moselli, le fantastiche doti canore nonché le physique du rôle di Ero alias Mimosa Campironi, l’autenticità di Daniele Griggio nei panni del padre Leonato e la versatilità del buon Carlo Ragone nel duplice ruolo di Corniolo e Baldassare. Nota di merito anche per il promettente trio di giovanissimi Tolardo (Prima Guardia), Crovella (Seconda Guardia) e Caccamo (Sorba/Messo) che, siamo sicuri, non mancheremo di veder crescere professionalmente e che incarnano l’eredità moderna di un Autore senza tempo.