Il mondiale in Brasile, tra De André, John Wayne e Marjane Satrapi
Storia di un (paese) impiegato
Il gergo militare e bellico è amatissimo dallo sport. Cannoniere, battaglia, guerra, fucilata o sciabolata, per chi ama le armi bianche. A mettere k.o l’Italia venerdì scorso, e a mettere in difficoltà la squadra di Prandelli per il futuro, è la nazionale di un paese senza esercito, la Costa Rica. Senza forze armate dalla guerra civile del 1949, con un terzo del paese dichiarato parco nazionale e investimenti, dovuti alla vendita degli armamenti oltre confine, in sanità e istruzione (il 96% della popolazione è alfabetizzato, più di Portogallo, Cina e Brasile), la nazionale ha trovato il suo cecchino in Bryan Ruiz, che ha colpito l’Italia di testa, con un’azione simile al gol di Sturridge contro l’Inghilterra. Come in Storia di un impiegato di Fabrizio De André, in cui il protagonista capisce gli errori della lotta armata ma l’importanza della lotta comune, la Costa Rica ha trovato una dimensione in cui far emergere i propri talenti. E nel girone dei campioni del mondo (3 squadre su 4) è l’unica che ha già gli ottavi di finale in tasca.
Il pistolero
Da un cecchino senza proiettili a un pistolero armato fino ai piedi. Luis Suàrez ha eliminato l’Inghilterra con il suo Uruguay con una doppietta mirabile e dedicando la vittoria al suo medico, che lo ha rimesso in sesto in tempi record, proprio per la partita decisiva (dopo la sconfitta con la Costa Rica), dopo la rottura del menisco. Al rientro, Suàrez ha trovato il senso del gol che lo ha portato a vincere la Copa America e a essere il maggior marcatore della storia uruguaiana. E’ tornato per vendicarsi dei suoi nemici, come John Wayne nel film di Don Siegel del 1976 che dà il soprannome a Suàrez. Ma se il personaggio di Wayne moriva con onore e lacrime, l’attaccante è più vivo che mai e ha almeno un altro nemico da eliminare martedì, non potendo fallire. L’Italia.
Persepolis
La ribellione è un soffio vitale e sottile. Può non essere una rivoluzione, ma può diventarla. L’Iran di Ahmadinejad, leader di una finta democrazia che ha cercato di plasmare la nazionale di calcio sui suoi diktat, come la Russia di Putin/Capello, ha una nazionale che deve giocare contro la sua nazione e i suoi divieti: le partite non si possono vedere in gruppo, nei luoghi adibiti separazione uomini e donne, immagini oscurate in tv, quando appaiono immagini (molte) non conformi al modo in cui il governo interpreta il Corano. E i giocatori, che non possono avere twitter, non si devono scambiare le maglie con gli avversari, ufficialmente per questioni economiche, più ufficiosamente per questioni di onore, igiene “razziale”, patriottismo. Ma quando il portiere e capitano iraniano Haghighi, a inizio partita, chiede a Messi di dargli la propria maglia a fine partite, un gesto di rispetto verso un campione immenso diventa un atto di rivolta. Silenzioso e spiazzante, come i gesti di Marjane Satrapi nel romanzo a fumetti Persepolis, che delle rivoluzioni e contro-rivoluzioni in Iran è uno dei racconti più illuminanti. Più pesante del pallone geniale con cui Messi ha mostrato che anche la Coppa del Mondo è affar suo.
I protagonisti
Karim Benzema (Francia): la seconda “manita” del Mondiale è targata Francia. Nel 5-2 contro la Svizzera, che presenta una Francia unica grande che passeggia senza patemi, brilla l’attaccante del Real. Due gol bellissimi, di cui il più bello è annullato dall’arbitro che, come in una puntata di Holly e Benji, ha fischiato un istante prima del tiro. Capocannoniere, a pari merito con altri 4 giocatori. Tra cui un ecuadoriano.
Gervinho (Costa d’Avorio): gli “elefanti” hanno un tasso di classe immenso, ma come spesso le africane non sanno concretizzare. Però il suo attaccante più prezioso è tra i migliori giocatori dell’intera competizione: due gol in due partite, reti strepitose, giocate da fuoriclasse, velocità insostenibile per gli esseri umani. Forse anche per gli elefanti compagni di squadra.
James Rodriguez (Colombia): è il giocatore che molte squadre vorrebbero. Nella Colombia già qualificata nel girone più scombinato del mondiale, il centrocampista del Monaco segna 2 gol, gioca, costruisce, fornisce assist che i suoi compagni raramente sprecano. Facendo gli scongiuri, saranno i futuri avversari dell’Italia negli ottavi (se e solo se…). Urge gabbia.