Tatum lottatore fragile nel film di Bennett Miller in concorso a Cannes 2014: deludente nonostante le intenzioni
Il ritratto glaciale e penetrante di Capote e la disamina culturale e sportiva di L’arte di vincere hanno dato di Bennet Miller l’impressione di un regista che sa prendere la realtà delle storie biografiche che sceglie per adattarle ai nostri giorni, al nostro tempo. E’ quello che gli riesce meno in Foxcatcher, film in concorso a Cannes 2014 che vede Channing Tatum nei panni di David Schultz, lottatore libero medaglia d’oro alle Olimpiadi del 1984 che incontra John Du Pont, magnate appassionato di lotta che lo ingaggia nella sua squadra per portarlo alla vittoria alle Olimpiadi di Seul. Ma il rapporto tra di loro si tingerà spesso di nero.
Come in L’arte di vincere, i veri personaggi della storia dello sport dovrebbero descrivere il lato oscuro di quello show business e parlare del mondo attuale, ma se lì – e ancora di più in Capote – accadeva grazie a una voce forte, un punto di vista tagliente e carismatico, qui in assenza di questi e di una storia altrettanto esemplare, Miller fatica: i tocchi sulla cultura americana svaniscono, la discesa al nero non ha crescendole implicazioni e i risvolti si sospendono in uno stile più vuoto del previsto. Nonostante il potenziale e la prova degli interpreti, da Tatum al bravissimo e molto truccato, Steve Carell.