Esordio con il botto quello di Jan Ole Gerster, che con Oh Boy debutta nel lungometraggio vincendo 6 Oscar tedeschi. A sorpresa verrebbe da dire leggendo la trama: la giornata di Niko, ragazzo pigro e senza obiettivi, la cui ricerca di un caffè lo porterà a contatti con amici e nuove presenze, a ripensare alla propria vita e alla propria inerzia.
Scritto da Gerster, Oh Boy è una commedia a passeggio per Berlino, una sorta di versione indolente di Uomini di domenica di Siodmak, in cui il protagonista la cui principale occupazione è l’aver pensato, si ritrova a trovare se stesso e una visione di sé senza cercarla, grazie al contatto con gli altri. Una commedia venata di sottile amarezza, tra l’acutezza del bianco e nero di Woody Allen e la libertà della Nouvelle Vague, che ironizza con gusto (la sequenza sul set cinematografico) e prosegue lieve, spensierata e pensosa, tra le sua atmosfere mai superficiale. I tocchi dello script (premiato con il German Award come il film, la regia, il protagonista Tom Schilling, il co-protagonista Marc Hosemann e la colonna sonora) sono un po’ facili e a tratti macchiettistici, ma Gerster sa parlare allo spettatore e alla città allo stesso tempo, ed è una qualità non da poco.