I bambini e la guerra, connubio lacrimevole, ma che in Wolfskinder, film presentato alla Mostra del Cinema nella sezione Orizzonti, il regista Rick Ostermann smentisce. Wolfskinder narra la storia di un ragazzino che, per ritrovare il fratello, si unisce a un gruppo di bambini che cercano di sfuggire ai disordini dell’anarchia postbellica rifugiandosi nelle foreste incantate della Lituania; ognuno di loro si prende cura dei più piccoli come un branco (da qui il titolo, bambini lupo), nella speranza di tornare esseri umani.
Scritto dallo stesso Ostermann, Wolfskinder è la versione con bambini di The Way Back di Weir, un dramma che traduce l’epica del ritorno a casa in dimensioni infantili dimenticandosi però la fiaba e preferendo la via del dramma, della scoperta del male. E per questo diventa un romanzo di formazione al nero, con i bambini che anziché crescere devono imparare a sopravvivere e a conoscere la morte. Ostermann ricaccia il pathos e le tentazioni hollywoodiane e dona ai gesti dei suoi protagonisti un riuscito misto di dingità e animalità (il taglio dei capelli), il suo stile non è troppo elaborato anche se guarda a Malick, come certe velocizzazioni dimostrano, ma sa aiutare lo spettatore a entrare in un racconto brusco che alla fine avvince.