Come in quasi tutte le branche della cultura e dell’arte in Italia, il supporto alle produzioni giovani e indipendenti è un nodo cardine e in gravissima difficoltà. Non fa eccezione la musica, e l’offerta radiofonica e non solo lo dimostra. Siamo contenti quindi di poter parlare di una realtà che fa macchia nel panorama italiano: Bomba Dischi è una produzione italiana e indipendente che supporta in grande stile le nuove scoperte della scena italiana, soprattutto quei gruppi che cercano di uscire fuori da recinti geografici e stilistici, aprendosi a una musica finalmente internazionale.
Tre soprattutto gli artisti su cui Bomba punta per questo 2013: a partire dai Sadside Project, che hanno presentato il loro 2° album, Winter Whale War, un piacevole agglomerato di indie-rock, fragranze pop e inserti elettronici. Aperto dall’ottimo singolo, The Same Old Story, il disco si pone nel solco del rock britannico, con atmosfere che indugiano nel retrò – come nella bellissima 1959 (The Last Prom) che si approssima al folk – o che puntano al coro da concerto, al divertimento del pubblico come nel rockabilly di Hold Fast. Una band da tenere d’occhio, che deve affinare il proprio songwriting ma che ha molte carte in regola.
La folgorazione però arriva da Adriano Viterbini: il suo album d’esordio Goldfoil è blues primitivo, radicale (nel senso che nasce dalle radici di un suono), essenziale e denso che pare di vedere il Mississippi sullo sfondo. Solo una chitarra, spesso usata slide, e un senso del suono che sorprende: sentite la magnifica apertura con Immaculate Conception, poi ne riparliamo. Il ritmo carsico di Kensington Blues che accompagna gli intarsi di chitarra, la sfrontatezza country western di Blue Man, la concretezza materiale dei suoni frenetici di Style O-Blues fino alla malinconia trattenuta di Lago Vestapol sono tra i regali più inattesi della musica di questa prima parte di 2013.
Meno convincenti invece Youarehere, band elettronica di cui è da poco uscito Primavera, più un ep che un vero album, sei tracce di suoni post-Radiohead che hanno il solo difetto della poca originalità, non mancando di ritmo e cura: atmosfere spesso sognanti, come Rest che apre il disco, o più ritmiche, come December,sempre dietro qualche scia. Ricalcato con il giusto piglio e sapienza, ma anche tralasciando la creatività un po’ in disparte, come nella title-track, pronta per un club di 10 anni fa. Peccati comunque veniali che si possono aggiustare, e che comunque non minano la credibilità che Bomba Dischi si sta costruendo giorno dopo giorno, ascolto dopo ascolto, band dopo band. Di quelle band che un trampolino del genere se lo meritano.