Il 14° album di Satriani è un solare viaggio nei recuperi vintage e tagli moderni
Ovviamente la formula è molto simile ad altri album di Satriani: esclusivamente strumentale ma lontano dal progressive in senso stretto, Unstoppable Momentum costruisce i brani come assoli con un impalcatura più strutturata, riuscendo però a non chiudersi nella semplice esibizione, ma cercando di arrangiare, di costruire, di restituire idee e atmosfere dal metal al rock ‘n’roll fino a tratti vintage e funky che colorano bene il disco.
Aperto dalla title track, tra le più contemporanee per scansione ritmica (il grande Vinnie Colaiuta alla batteria) e la chitarra sintetica, il disco mette in chiaro le cose con Can’t Go Back, un funk quasi Stonesiano illuminato da una chitarra dal grande feeling, sorprende con Three Sheets to the Wind, che oltre a richiamare il blues usa le tastiere di Mike Keneally in modo quasi valzeristico e trascina col riffing scatenato di Jumpin’ In, forse il pezzo migliore del disco, perfetto combinazione di tecnica e calore esecutivo – seguito dall’altrettanto “classica” Jumpin’ Out -, per chiudere con il rockabilly di A Celebration, che rende a pieno il senso di un disco solare e gioioso.
Satriani più che sulla velocità e sulla pulizia punta alla melodia, al timbro, alla resa di un suono che debba coinvolgere più che sconvolgere, ed è per questo che anche la resa live dei suoi brani è superiore alla media degli altri eroi della sei corde. E Unstoppable Momentum conferma, oltre che il talento di un musicista, anche la sua capacità di pensiero e composizione. E non è poco nel terribile mondo dei guitar hero.