Dall’infanzia e dagli anni ’80 si fa fatica a uscirne vivi. La riprova arriva da Ralph spaccatutto il nuovo film Disney, nella sale da dicembre, e che ha aperto fuori concorso la sezione collaterale Alice nella cittàall’interno del 7° festival di Roma, che mette insieme le due cose raccontando il mondo dei videogiochi di 30 anni fa.
Ralph è il cattivo del videogioco Felix Aggiustatutto e per 30 anni è stato messo in ombra da Felix, il “bravo ragazzo” che ogni volta finisce per salvare la situazione. Stanco di fare il cattivo, Ralph decide di cambiare, avventurandosi in un viaggio attraverso diverse generazioni di videogame, per dimostrare a tutti che anche lui ha la stoffa per diventare un eroe. In questo incredibile viaggio, incontra il duro sergente Calhoun durante la tappa nel videogioco sparatutto Hero’s Duty, e l’esuberante anticonformista Vanellope von Schweetz alla corsa di macchine caramellate di Sugar Rush. Diretta da Rich Moore e scritto da Phil Johnston e Jennifer Lee, Ralph spaccatutto è il Toy Story dei videogiochi, un’avventura in 3D che è allo stesso tempo storia del videogame e sua parodia.
Che sia un tipico film Disney non è in discussione, visto che i temi sono quelli ricorrenti in praticamente tutta la filmografia della casa, come l’accettazione di se stessi e delle diversità proprie e altrui, i difetti come unicità, la fede nella forza dell’individuo e delle sue capacità, oltre a una morale che richiama, anche se indirettamente i valori famigliari. La differenza la fa, come spesso, il contesto: Moore e soci ricreano più di 30 anni di giochi elettronici riempendo ogni inquadratura, azione o dialoghi di riferimenti e citazioni e sbizzarrendosi a inventare variabili possibili e ingegnose, come il mondo caramelloso di Sugar Rush in cui tutto è un dolciume. Si arriva a un ibrido cross-mediale in cui oltre ai mezzi s’incrociano gli impatti visivi (8 bit, computer grafica e 3D) e narrativi (la formazione disneyana e la sci-fi estrema, lo zucchero e l’epica del finale).
Dove funziona meno Ralph spaccatutto è nel racconto, nella poca stringatezza della parte centrale e soprattutto nel diventare una sorta di rifugio per uber-nerd escludendo in parte dall’umorismo o dall’emozione coloro che non conoscono Qubert o Street Fighter e non sanno cos’è un glitch. Per il resto, il film di Moore è un solidissimo prodotto animato come da tradizione, divertente e avvincente, con poche sbavature e un ottimo doppiaggio originale con John C. Reilly nel ruolo di Ralph e Jane Lynch favolosa in quello del sergente Calhoun. In testa al film, un delizioso cortometraggio dal titolo Paperman, più Chomet che Disney.