Il Cantico di Pietra – Aria e Terra I
I gomiti puntellano il tavolo, che in risposta geme un lungo ronzio di marmo e guerra. E non è per il peso del corpo, o delle nefaste, rudi perle che l’adornano; è per quello della sua impazienza, l’unica concreta increspatura sulla distesa infinita del suo tedio. Una vetrata che raccoglie il poco sole d’autunno le colpisce i capelli, lustrandone il platino e rendendoli sola cosa con il viso, bellissimo nonostante le fonde rughe che lo decorano d’indiscutibile regalità.
Ben pochi Felea hanno visto tanti inverni. E forse ben pochi lo desidererebbero. Cadere in battaglia è sempre stato loro usanza, l’addio prestabilito, connaturato nello stile e nella filosofia della razza; la vecchiaia ha di contro rappresentato la codardia, la flaccida attesa, l’inutile esistere.
Ma lei serve, ancora; ormai, da quel lontano giorno del contatto con l’Alveare, il Formicaio o Vareus, così si fa chiamare l’entità, non si è spostata che per qualche chilometro. La battaglia la circonda, suona in sottofondo canti di terribile bellezza e stridenti rumori, eppure non vuole proprio concederle una degna fine. Il suo fisico sembra non volerne sapere di invecchiare, ma lei lo avverte dentro, quella lamina di stanchezza che si fa strada inesorabile verso il cuore che ci rimane.
E la guerra è sbagliata: uno stallo prolungato, un conflitto di trincee e agguati che non tiene capo né coda, memorie né propositi, mentre attorno il mondo evolve. E’ sbagliata perché eterna, e tutto deve avere una fine, se si è scordato l’inizio.
-Mia signora, il messo dell’Alveare è arrivato.-
Uno individuo vagamente umano, non fosse per il volto che si protende a seguire l’acutezza del naso e i capelli che in cordoni dorati cadono sulle larghe spalle, entra non prima d’esibirsi in un eccessivo inchino.
-Alzati Virgun, sai che non mi compiacciono gli ossequi.-
La donna sembrava colta da un ritratto dinastico di una pallida dinastia estinta. Il respiro controllato, in perfetta e distacca posa, e attorno inservienti che confabulano oscuri e totalizzanti affari; fastidiose formiche al cospetto della figura, ricoperta da un misto tra armatura e raffinato vestito, filigranato in virtuosi ricami entro cui la vista con niente si perdeva.
-La grande condottiera sta bene, stamattina?-
-Come in ogni solita, ennesima mattina di una donna esiliata dal suo stesso potere…-
-La solitudine e l’attesa si confanno splendide al raccoglimento, in vista del preparasi alla riformulazione dell’unico Verbo.-
-Pomposa ed elegante, la tua religione, ma non sono parabole che in me troveranno mai loco…come se qui ci fosse l’azione che desidero….-
-In effetti è un po’ che non la vediamo all’opera sulle strade; le nostre truppe ne sono fin troppo rincuorate…-
-Affari…tutta questa burocrazia…- con una mano sorvolò su cataste cartacee che parevano far a gara per attrarre la sua attenzione.
-Le routine che abbiamo predisposto non funzionano?-; “funzionare, come se la guerra fosse un macchinario destinato a sostenere la normale evoluzione di chissà cosa. Ma tale considerazione alla fin fine funziona: possiede quella amabile intelligenza schietta che è l’unica sul mercato ad essere inconfutabile e a rivelarsi proficua.” Il messo del nemico era ormai una vecchia conoscenza, uno degli esuli e scampati vassalli che si erano sottomessi all’Alveare ma non ne erano ancora stati assimilati; questo perché le anime staccate vantano indiscutibili vantaggi rispetto ad una legione di automi, e facevano comodo…in cambio, quando giungeva l’ora, sarebbe stato concesso loro l’assorbimento nella legione stessa.
-Non con gli ultimi rinforzi.-
Una mappa bruciacchiata prese a muoversi. Alaya riprese, con tono perentorio: -il Triangolo degli oligarchi ha fissato nuovi parametri per il comune benessere…-
-Il loro, eviti il comune mia Signora…-
-Il benessere universale è come informazione universale: impossibile…almeno loro reggono le redini, la constatazione basta a legittimarli…tuttavia nelle nostre città gli indici sono in rialzo in maniera inaspettata, la gente procrea a ritmi in folle accelerazione e bisogna riconvertire le energie…-
-Quanti termini sofisticati in tanta fierezza…io, se posso, avrei sintetizzato con “bruciare quelle in eccesso”…-
-Eliminare il superfluo secondo i loro canoni per una bella società felice o meglio controllabile, dici giusto…-
-Non che non lo avessi già intuito, ma come mai tanta chiarezza mia signora?-
-Non voglio che vi sorprendiate: oggi, a mezzogiorno, manderò 2000 leve fresche qui-, un settore della mappa lampeggiò -a farsi massacrare davanti alla vostra fortezza…-
-In effetti avremmo titubato, prima di colpire…questo velocizzerà i tempi…nessun prigioniero come al solito, immagino…-
-Nessuno…eppure…- “non è solo questo, Virgun; voi temporeggiate, attendete perché vi state costruendo…potendo, noi potremmo distruggervi, spazzarvi via senza che un vostro minimo ricordo rimanga…”
-So a che state pensando, ma ne abbiamo già discusso: così facendo però la vostra società perfetta e felice, senza valvole di sfogo, imploderebbe su stessa…e il Triangolo non perderebbe meno di tre lati…-
-Solo una società tra le possibili, e una forma tra le tante; l’utopia è una questione di numeri…noi combattiamo per uno status quo, e qui a nessuno interessa la pace, e tanto meno la vittoria…né a me e neppure a voi, in fin dei conti…senza stimoli esterni, l’Alveare muore…noi siamo catalizzatori, per l’Unica Mente…-
-Non posso negarlo.-
-Questo rende la guerra un’abitudine priva di essenza, un calcolo…non c’è onore e ideale, in un calcolo…una maledetto vicolo cieco.-
-Ma voi non potete altro asfalto mia signora, accontentavi e godete di ciò che rimane…non vi ci vedo a svernare su una sedia a dondolo…-
-Neanch’io…vieni, prima degli accordi voglio farti vedere una cosa…-