Entertainment

The Dark Knight Rises di Christopher Nolan

Dal nostro corrispondente a New York

Troppo Nolan per un Solo Pipistrello

Il fattore che aveva maggiormente sorpreso nell’approccio di Christopher Nolan all’Uomo Pipistrello in Batman Begins era stata la coerenza con cui aveva saputo inserire la sua idea di cinema dentro l’essenza del supereroe creato da Bob Kane. Il rispetto per la natura problematica e oscura del personaggio si fondeva con grande efficacia con la messa in scena scarnificata e dritta al punto del regista inglese. Già il secondo Il cavaliere oscuro dimostrava alcuni sbandamenti soprattutto narrativi: concentrandosi troppo su una figura potente e magnetica come quella del Joker, Nolan aveva in qualche modo perso di vista l’eroe principale, eccessivamente relegato al ruolo di “reazione” alle mosse della sua ghignante nemesi. L’abbagliante “realismo” della sua visione aveva poi coperto con indubbia sapienza questo squilibrio narrativo. In quest’ultimo The Dark Knight Rises il gioco però non gli riesce nuovamente, anche perché forse desideroso di chiudere al meglio la trilogia inserisce davvero troppi elementi centrifughi, e il film gli scappa di mano. Personaggi, eventi e situazioni si susseguono vorticosi in una prima parte che però stranamente risulta piatta, scarica della tensione che sarebbe stata necessaria. La presentazione al pubblico di Bane e Catwoman non è efficace, le figure di contorno danno la sensazione di ruotare intorno a una trama che non trova un centro vero e proprio. Errore poi ancora più grave da parte di Nolan – il quale, vale la pena sottolinearlo di nuovo, in Batman Begins si era dimostrato così rispettoso nei confronti dell’essenza oscura e sfuggente di Batman – è quello di mostrare eccessivamente un supereroe che da sempre trova nel mistero e nell’oscurità il suo fascino primario. Per tutto il film il costume è esposto alla luce del sole, gettato in mezzo alla folla, adoperato per passeggiare con Catwoman, insomma inserito in dei contesti che non gli appartengono. Batman è un non-eroe che agisce nell’ombra, lontano dalle regole sociali e dalle leggi della città che vuole proteggere. Costringerlo a battersi in mezzo alla folla, sia essa composta da criminali o poliziotti, è un qualcosa che distorce chi e soprattutto cosa è l’Uomo Pipistrello. Rielaborare, sviluppare, magari anche ripensare un’icona è un conto, in questo caso ci pare che Nolan si sia spinto oltre il limite e lo abbia invece travisato.

The Dark Knight Rises però non è assolutamente un lavoro senza pregi, tutt’altro. La seconda metà del film si ricompatta, si carica di tensione drammatica, offre momenti di cinema visivamente emozionante. Anche se non originale – Bane in realtà costruisce a Gotham una versione più razionale dell’anarchia portata da Joker ne Il cavaliere oscuro, quindi tutto sommato meno inquietante – il crescendo che porta al confronto finale è decisamente efficace. Purtroppo Nolan però appare più concentrato ad architettare il suo puzzle narrativo che a concentrarsi su atmosfera, bellezza dell’immagine, direzione degli attori. Ecco allora che negli ultimi minuti The Dark Knight Rises esplode in una serie di twist francamente esagerata, che disperde l’emozione invece di trattenerla intorno allo scontro principale. In questo modo viene dilapidato tutto o quasi ciò che di buono era stato (ri)costruito nella mezz’ora precedente.

Christopher Nolan deve ricominciare a trovare compattezza e stringatezza nelle storie che vuole raccontare. Due ore e quaranta per un film di supereroi sono davvero troppe. Se la sua incredibile capacità di trasporre le sue idee in immagini lo aveva “salvato” come accennato ne Il cavaliere oscuro e ancor di più nel bellissimo Inception, stavolta apparendo meno ispirato (magari perché stanco di Batman, come sarebbe anche comprensibile…) a livello visivo mostra molto più chiaramente le lacune del suo ostentato gioco ad incastri. The Dark Knight Rises, pur con tutti i suoi momenti di grande cinema, è un prodotto strabordante e disarticolato. Per quanto riguarda gli attori nessuno brilla come in occasioni precedenti, e il migliore in scena è senz’altro il contenuto Gary Oldman. Sarebbe stata decisamente più efficace una brava Anne Hathaway, ma la sua Catwoman precedendo nel film perde troppo mordente come figura ambigua.

Un’ultima annotazione: anche se pensiamo che Nolan non abbia mai avuto come interesse primario la sorpresa nell’ideare i suoi artifici all’interno della trama, bisogna però constatare che gli interminabili mesi di congetture, illazioni e purtroppo anche spoiler riguardanti la storia hanno portato a una snervante e dannosa perdita di sorpresa. In questo modo non si è fatto altro che svilire l’efficacia di un prodotto, evidenziandone al contrario la meccanicità di alcuni elementi. Se The Dark Knight Rise non funziona poi così tanto, forse è anche perché già ne sapevamo fin troppo.

Adriano Ercolani

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