“Pau, Drigo e Mac sono in forma come lo erano 15 anni fa, (facendo anche salire un po’ di invidia a redattori musicali trentenni e con la pancetta che 15 anni fa gridavano Mammamaè ed oggi ancora non riescono a smettere di sognare, e ogni riferimento è puramente voluto), sono ancora belli, bravi e rock come lo erano 15 anni fa e soprattutto tirano fuori uno concerto di musica e poesia di livello straordinario, immersi in uno spettacolo di luci in cui ci si perde inebriati dagli arpeggi delle chitarre”
Ecco, tutto questo lo scrivevo 3 anni fa, quando sempre nella stessa location (il Palalottomatica di Roma) i Negrita mi fecero venire i brividi in un concerto che ancora ricordo, quantomeno per la voglia immensa che avevo di lanciarmi nella bolgia del parterre dal secondo anello in cui ero.
Lo scrivevo tre anni fa, e lo riscriverei tale e quale oggi. Probabilmente accorcerei qualche periodo e renderei più fluida la sintassi, ma il concetto rimarrebbe sempre lo stesso. Perché quei pazzi dei Negrita anche ieri mi hanno fatto venire i brividi e mi hanno esaltato come non mi succedeva da molto tempo (e da molti concerti).
Intendiamoci: l’album nuovo, “Desert Yacht Club“, non mi ha fatto particolarmente impazzire, e tranne qualche guizzo rilevante (come l’emozionante “Non torneranno più“, protagonista del momento forse più intimo di tutto il concerto) non l’ho trovato assolutamente perfetto. Però pochi cazzi, i Negrita dal vivo sono un’altra cosa, perché il rock dal vivo è un’altra cosa. E quindi quando si parte (puntualissimi, con mio sommo cruccio: neanche il tempo di una birra) con la tripletta delle nuove “Siamo ancora qua“, “Adios Paranoia” e “No problem“, già la voglia di scatenarsi ed il fomento vero e proprio cresce. Arrivati alle storiche “Non ci guarderemo indietro mai” o “Radio Conga“, beh il cantare a squarciagola diventa quasi un obbligo morale.
Da lì in poi la serata scorre che è un piacere, più di due ore che sembrano un lampo, con la stessa invidia di tre anni fa per non essere lì giù nel parterre, a pogare sulle note di “Fuori controllo” o “Il libro in una mano, la bomba nell’altra“.
Pau è sempre più in forma (ma come fa) e neanche una caduta dal palco stile Morandi riesce a scalfirlo: piedi scalzi, animo da rockstar, riesce anche a far accettare serenamente al pubblico romano una canzone come “Milano stanotte“. Drigo e Mac neanche ve lo dico, due chitarre che reggerebbero da sole un festival intero. C’è poca sperimentazione probabilmente, il suond è lo stesso di 3 anni fa forse, ma sinceramente, è il sound che mi aspetto di sentire ad un concerto dei Negrita.
“Ho imparato a sognare“, “Magnolia” (concepita mentre strimpellava “Knockin on heaven’s door” come ha dichiarato Pau dal palco) poi “La tua canzone“, “In ogni atomo“, “Sex“, “Transalcolico“, tutte le fa! E tutte le canto, all’unisono con un Palalottomatica magari non pieno ma sicuramente casinista come dovrebbe. Finale con “Scritto sulla pelle“, “Bambole” (personalmente la più attesa), “Mammamae” e l’intramontabile “Gioia Infinita” in chiusura.
Bello, sempre bello. I Negrita dal vivo spaccano ancora, e del sano rock il giovedì sera è la maniera migliore per inaugurare un weekend. Adios Negrita, ci rivediamo presto (spero prima di tre anni!)
Siamo ancora qua
Adios Paranoia
No Problem
Non ci guarderemo indietro mai
Brucerò per te
Voglio stare bene
Radio Conga
Fuori controllo
Il libro in una mano la bomba nell’altra
Che rumore fa la felicità
Milano stanotte
Rotolando verso sud
Non torneranno più
Ho imparato a sognare
Magnolia
E sia splendido
La tua canzone
In ogni atomo
Sex
Transalcolico
A modo mio
Scritto sulla pelle
Bambole
Mama Mae
Gioia Infinita