Se gli Stati Uniti sono la patria della democrazia moderna sono anche la patria dei re: quello del rock’n’roll è forse il più grande di tutti. Anche perché Elvis Presley è un perfetto prisma per raccontare la storia recente della nazione: è quello che racconta Promised Land, il documentario di Eugene Jarecki presentato alla 12^ Festa del cinema di Roma che celebra i 40 anni dalla morte del Re.
Il film prende la Rolls Royce che Elvis comprò nel ’63 e la usa per girare gli States mentre, con interviste, testimonianze e materiali d’epoca, racconta la parabola di ascesa e caduta del Re in parallelo con quella degli Stati Uniti, tanto dell’epoca quanto attuale, con la presenza di Trump che incombe nonostante non fosse ancora, all’epoca delle riprese, presidente.
Ed è un parallelo estremamente pregnante perché la musica di Elvis, oltre a lui come icona, rappresentano proprio una serie di valori, di scelte economiche, politiche e industriali che raccontano l’America e ne sono simbolo.
Per questo Jarecki sceglie di dare voce anche a personalità scettiche (Chuck D. dei Public Enemy, i leader dei diritti afro-americani), di non spegnere mai i riflettori dal lato oscuro che è anche il lato oscuro degli USA, di approfondire il percorso di uno dei più grandi artisti pop mai apparsi come elemento di un discorso più ampio senza cedere alla semplice biografia. Ne fa le spese forse
la musica di Elvis, parte del discorso e non suo centro, ma le riflessioni sulle differenze tra rock e rock’n’roll, le performance degli ospiti dell’auto, splendidi materiali di repertorio (l’esecuzione di Unchained Melody in uno degli ultimi concerti o la sequenza dedicata allo special tv del ’68 in cui tornava a suonare dopo 10 anni di cinema) non deludono nemmeno un po’, anzi fanno sussultare sia gli amanti del Re che i neofiti.