Esistono film che sono come delle parabole di vita quotidiana e The Repairman è uno di questi. La pellicola è stata girata in cinque settimane durante il 2012 nella provincia di Cuneo da un ex montatore e addetto agli effetti speciali con formazione ingegneristica, Paolo Mitton, alla sua prima opera come regista. L’insegnamento insito in questo lungometraggio (“perché buttare quando si può riparare”) è greenfriendly e anche relativo alle relazioni umane. Scanio è un ingegnere mancato e riparatore di cose, circondato da amici-incubo e considerato un buono a nulla: per caso conoscerà la brillante sociologa inglese Helena la quale saprà, invece, apprezzarlo per quello che è.
Il protagonista è delizioso, ingenuo, di una purezza disarmante, quasi impossibile da trovare oggigiorno: la sua camminata sbilenca e dinoccolata (che ricorda il meraviglioso e maldestro Buster Keaton), permette di simpatizzare istantaneamente con il suo personaggio. Questa favola d’amore d’altri tempi, la cui dolcezza è sottolineata dalle musiche di pari timbro di Alan Brunetta, si sviluppa in contrasto tra i colori caldi delle colline piemontesi e i suoi freddi tralicci dell’alta tensione (che saranno, inaspettatamente, uno dei fili conduttori del film), contrasto messo alla luce dall’eccellente fotografia di David Rom. Non aspettatevi, però, di trovarvi di fronte a scene di sesso o classici atteggiamenti da commedia romantica: a volte l’amore non necessita di essere dimostrato per essere inteso.
Dalla realizzazione del film nasce anche un’iniziativa (che ha un sito tutto suo sul web) legata allo slogan “Viva la reparación!”: consigli pratici su piccole e grandi riparazioni, nonché un’occasione per riflettere sul consumismo dei nostri tempi.