Da qualche anno a questa parte, la 3^ serata è dedicata alle variazioni sul tema: duetti, reinterpretazioni, omaggi eccetera. Quest’anno tocca alle cover: i 20 cantanti in gara devono scegliere un classico della musica italiana e rileggerlo a modo loro. Non un’idea scioccante, ma che regge abbastanza bene dal punto di vista televisivo, sebbene questo significhi che lo show duri 4 ore. Ha vinto Nek, per la cronaca.
I Giovani: 6+
Si conferma la discrezione della nidiata di virgulti sul palco dell’Ariston: Giovanni Caccamo presenta un curioso mix tra Zero Assoluto e i cantautori contemporanei come Dente, Serena Brancale ama il jazz e lo espone in ogni gesto, Amara con voce roca ricorda la musica confidenziale e Rachele presenta un brano pop che difetta però di voce.
Raf (Rose rosse): 5
La sua versione di Massimo Ranieri è spenta soprattutto per via della voce, che prova a salvarsi con i classici parlati del cantante. Ma non convince.
Irene Grandi (Se perdo te): 6
Quella di Patty Pravo è una delle più belle canzoni di tutta la storia italiana. Lei la rende innocua, con un arrangiamento di rockettino leggero. Ma sul palco ci sa stare e la sua voce è sempre un piacere.
Moreno (Una carezza in pugno): 6
Celentano in chiave reggae funziona, lui ha un certo stile e si conferma come sorpresa del festival.
Anna Tatangelo (Dio come ti amo): 5,5
Come cantante di repertorio piace di più che come interprete personale. Il brano di Modugno e Cinquetti e l’arrangiamento classico le si adattano benino.
Biggio e Mandelli (E la vita la vita): 5
Non è una scelta furbissima scegliere Cochi e Renato, perché mette in evidenza quanto la canzone in gara non abbia nulla da dire.
Chiara (Il volto della vita): 6,5
Una delle versione meglio arrangiate e interpretate, con il brano di Caterina Caselli che sa far emergere da Chiara quello che la canzone tiene un po’ nascosto.
Nesli (Mare mare): 4.5
Giubbino indegno e cover di Carboni pessima, senza stile né spessore. Non una novità comunque.
Nek (Se telefonando): 7
La canzone di Mina è un portento, l’arrangiamento è trascinante, Nek è in gran forma. Il re del festival finora.
Dear Jack (Io che amo solo te): 5+
Trasformare Sergio Endrigo in una versione dei Queen è molto discutibile. Ma almeno mettono in campo una loro personale visione, portata fino in fondo.
Di Michele e Platinette (Alghero): 7
Una delle non troppe versioni di cui l’interprete originale sarebbe contento: Giuni Russo avrebbe amato, giocosa, colorata, vitale.
Bianca Atzei (Ciao amore ciao): 4,5
Luigi Tenco diventa un canto sguaiato in cui l’interprete ci tiene più a far vedere i tatuaggi sulle braccia che a comunicare un emozione
Alex Britti (Io mi fermo qui): 6,5
Il recupero più vintage della serata: pezzo di Donatello e i Dik Dik rifatti in chiave rock psichedelico, con Britti che finalmente s’illumina suonando la chitarra
Lorenzo Fragola (Una città per cantare): 6
La versione più fedele all’originale, per un Fragola in versione chierichetto, liscio, pulito e senza scosse.
Il volo (Ancora): 4
Non fanno i danni solo sulle proprie canzoni, ma soprattutto su quelle altrui. Come se a rovinare De Crescenzo non bastasse Marzullo.
Annalisa (Ti sento): 7
Il pezzo dei Matia Bazar è poderoso, lei ingrana una prova di grande grinta e charme aggressivo, tra la cover metal dei Labyrinth e fiati da James Bond. E spunta il primo brivido della serata.
Lara Fabian (Sto male): 5
Gorgheggia, solfeggia, diveggia. Tutto in modo un po’ d’accatto. Ma in sala esplode una standing ovation senile.
Gianluca Grignani (Vedrai vedrai): 6
La studiata sofferenza di Grignani si adatta bene a Tenco. Il resto è mestiere.
Nina Zilli (Se bruciasse la città): 6,5
Ancora Massimo Ranieri, ma stavolta Zilli gli rende un buon servizio con stile, look, classe vocale. Applausi
Malika Ayane (Vivere): 7,5
Se Nek è il re, lei è la regina di questo Sanremo, e ricorda a tutti che Vasco è stato anche un autore superbo.
Marco Masini (Sarà per te): 6,5
Masini omaggia l’amico Francesco Nuti, con un brano e un’interpretazione piuttosto toccanti.
Gli ospiti: 5
Se con Samantha Cristoforetti, Conti azzecca la prima intervista del programma, con Massimo Ferrero punta alle vette del trash. E le trova facilmente. Luca & Paolo sono ottimi nel primo sketch più fiacchi nel secondo, mentre fa piacere ritrovare il chitarrista dei Gazosa, che già da piccolo dava pulsioni metalliche suonando con la maglietta dei Rhapsody, in chiave symphonic metal. I Saint Motel scippano la discografia di Lionel Ritchie e Moroder e fanno i milioni.
Lo show: 5,5
Non peggio delle altre serate, forse un filo meglio per la qualità musicale, ma anche una durata sproporzionata.
Il mio podio: