Se non quella del gradimento, almeno quella degli ascolti Sanremo 2015 l’ha superata: 50% il primo giorno, 40 il secondo (superando nettamente la serata analoga dell’anno scorso). Il familismo tradizionale e “normale” (brrrr) funziona evidentemente. Lo spettacolo tv forse meno, ma diamo atto a Conti e soci di aver azzeccato il posizionamento dei Giovani, finalmente in apertura di trasmissione, quando tutti possono sentirli.
Giovani in gara: 6-
I primi 4 si dimostrano mediamente più in forma rispetto ai giovani degli ultimi anni, più dentro la musica pop contemporanea: Chanty ci prova con il r’n’b moderno, discretamente prodotta e cantata; Kutso (sì, la pronuncia è come il membro maschile) portano un vento di follia; Enrico Nigiotti ha il piglio del cantautore di oggi che orecchia le melodie e i suoni di oltreoceano, prima di aprirsi nel solito ritornello. E poi Kaligola che fa un compitino scolastico da rap “impegnato” anni ’90 che si pensava dimenticato con i Gemelli diVersi.
Nina Zilli (Sola): 6+
Più credibile di Giusi Ferreri come erede di Amy Winehouse, elegante nella vocalità e sulla scena, fa il tipico pezzo soul orchestrale che da lei ci si aspetta. Echi bondiani, fascino vintage, non troppo sforzo compositivo.
Marco Masini (Che giorno è): 5,5
Dopo la vittoria con L’uomo volante qualche anno fa, Masini torna con una sua ballata classicissima, dopo alcune prove meno nel canone. Costruita con il più furbo dei crescendo da cantare a squarciagola, non sfigura nel repertorio del cantante.
Anna Tatangelo (Libera): 5
Tradisce artisticamente Gigi D’Alessio per Kekko dei Modà. Dal melodramma partenopeo a quello giovanile. E’ di sicuro il testo più banale della competizione, ma è a suo modo è un classico: la piazzi oggi o a un Sanremo dell’83 la differenza non si sente.
Raf (Come una favola):5,5
Probabilmente il più atteso dei Big in gara, dopo anni di penombra. Porta una ballata romantica e pianistica vicina a Tiziano Ferro, di quelle con cui si chiude un disco, come una carezza. Non ha abbastanza forza o idee melodiche, ma in un contesto in cui vince chi urla di più, fa quasi macchia.
Il volo (Grande amore): 3
Il titolo fa tremare i polsi. La provenienza dei tenorini (un talent prepuberale di Antonella Clerici) anche di più. La canzone i polsi li svena: Bocelli senza alcuno spessore, arrangiamenti di grassezza inusitata manco fosse un’ouverture wagneriana, do di petto da crisi iperglicemica e un testo da denuncia civile. Fermateli prima che il mondo sostituisca loro con la mafia nei cliché.
Irene Grandi (Un vento senza nome): 6,5
La voce di Grandi è una sicurezza e anche il suo talento pop. Rispetto alla grinta di altre serate, ci mette una dolcezza malinconica che funziona bene. Forse sottotono, ma l’impressione è che dopo qualche ascolto possa fare breccia.
Biggio e Mandelli (Vita d’inferno): 5
I Soliti Idioti cercano l’umorismo guardando a Cochi e Renato e a Jannacci, alle canzoni da bande in stile Monty Python o Mel Brooks. Orchestra e arrangiamento vanno a pieni giri, loro meno, perché le rime non fanno ridere, loro in versione beneducata non hanno senso e i temi sono di una banalità che in confronto il bar sotto casa è frequentato da Schopenhauer.
Lorenzo Fragola (Siamo uguali): 5+
Non ha fatto in tempo a vincere X-Factor che subito lo danno vincitore di Sanremo. Lui va per la strada del pop di impatto internazionale, e la sua voce media si adatta perfettamente al gioco. La canzone è orecchiabile e piacevole, dalle parti del revival anni ’90 e di Raf e: non è che si sono scambiati i brani?
Bianca Atzei (Il solo al mondo): 5
Kekko colpisce per la terza volta. Stavolta fedele al suo stile canoro d’antiquariato, con l’interprete in versione moderna Betty Curtis (chiedere a Paolo Limiti per delucidazioni). Dei tre pezzi è il più anonimo nella musica, nell’arrangiamento, nella melodia, nella voce tra bel canto e sporcature ad hoc.
Moreno (Oggi ti parlo così): 6-
Altro vincitore di talent (Amici), altro rapper, stavolta ben pettinato per la gioia delle mamme. Arrangiamento che calca sul pathos, ma funziona più di Nesli e Kaligola, ha un andamento che può coinvolgere e non del tutto banale nei giochi di rime e metriche.
Il mio podio: