Parte il carrozzone. Anche quello di Renato Zero, cantato da Arisa ed Emma Marrone a fine puntata per ricordare i cantanti scomparsi, ma soprattutto quello di Sanremo 2015. Conduzione targata Carlo Conti, un ritorno al baudianesimo in ogni sua forma. Anche quella di cui non si sentiva la mancanza. Ecco i voti della serata ai cantanti in gara e agli ospiti, ma anche a conduttori e “vallette”.
Chiara (Straordinario): 5
Ha l’onere di aprire il festival, dopo un intro di backstage della durata di 40 minuti (che saranno occupati nelle prossime serate dai giovani), senza nemmeno il riscaldamento delle presentazioni. Se la cava, ma il brano è deboluccio, soprattutto se si riduce a copiare il ritornello a Forse di Pupo (ascoltare per credere).
Gianluca Grignani (Sogni infranti): 4,5
E’ il primo della nutrita pattuglia revival anni ’90. E forse il peggiore: ritorna alla ballata acustica delle origini. Ma scritta e cantata peggio, con l’orchestra che l’appesantisce ancora di più e un ritornello che non è nemmeno da falò.
Alex Britti (Un attimo importante): 4,5
La delusione più cocente: se fai partire il brano con Little Wing di Jimi Hendrix, uno poi si crea aspettative. Se tu dopo smetti in pratica di suonare e ti dimentichi di scrivere una canzone, soprattutto il ritornello, allora sei malvagio. Anni passati a scrivere cose per De Filippi e soci si fanno sentire.
Malika Ayane (Adesso è qui): 7
La sua voce è la più originale, e la serata la vede in forma. Scritta da uno dei giovani in gara, Giovanni Caccamo, è forse il pezzo più bello della serata: elegante e melodico, emotivo e ben scritto, senza eccessi da urlo cafone. A’ la Modà, per intenderci.
Dear Jack (Il mondo esplode): 4
Idoli (?) dei giovani (??), Dear Jack fanno il tipico passaggio da Amici a Sanremo. Non userò la parola rock per rispetto. Diciamo che il tentativo è quello di riportare in vita i Dhamm, che suonavano molto meglio, nei ritmi blandi e nella melodia vocale sempre raddoppiata dalla chitarra. Il marketing però funziona: il ritornello ve lo ritroverete ovunque. Anche in testa.
Lara Fabian (Voce): 3
Conti la presenta parlando della sua statua al museo delle cere a Bruxelles. La quale statua ha anche scritto una canzone che pare uscita da un incesto tra Anggun e la peggior Céline Dion, nei suoni datati e fasulli, nella drum machine elettro-pop, nel testo e nelle melodia rancidi. Quanto di più lontano dalla musica.
Nek (Fatti avanti, amore): 6,5
Se devi fare il gran ritorno sulle scene, come molti colleghi in gara, fallo così: pezzo pop fatto e pensato per le radio di oggi, non di 15 anni fa. Intro stile Coldplay, batteria pulsante, accenni disco e tocchi di chitarra elettrica. Si balla e si canta come allo stadio. Bravo Filippo.
Grazia Di Michele – Mauro Coruzzi (Io sono una finestra): 5,5
Il pezzo “alternativo” della serata, per i temi (donna nel corpo di uomo, transgender) e gli interpreti, si arena in un andamento jazzato troppo scolastico, che spreca un buon testo e due interpreti che potevano fare meglio, specie Coruzzi che non sarà l’Antony Hegarty italiano, ma ha un bel timbro.
Annalisa (Una finestra tra le stelle): 6+
La canzone sanremese per eccellenza, scritta dall’immancabile Kekko dei Modà. Certo, prima del chorus sembra Tanti auguri di Raffaella Carrà, ma poi la bella voce di Annalisa si apre, il ritornello cresce, la melodia, vuoi o non vuoi, conquista. Gli occhioni della cantante fanno il resto.
Nesli (Buona fortuna amore) 5
Il rapper che prova a cantare mentre parla, il cuore tenero dietro la durezza può funzionare. Se hai delle idee melodiche e di arrangiamento dietro. Non è questo il caso e Nesli se la cava meglio come autore di canzoni altrui, come per La fine di Tiziano Ferro.
Carlo Conti (e autori): 5
Cerca di riportare in auge il festival classico di Pippo Baudo tenendolo più ancorato alla televisione moderna. Ci riesce a metà. Non annoia e non si dà arie, ma non coinvolge mai limitandosi a gestire il traffico. I siparietti comici sono molto discutibili (soprattutto la finta conferenza stampa), il resto naviga a vista senza intoppi né luci.
Vallette: 4
Per salvare in calcio d’angolo il coefficiente bellezza, a Emma Marrone e Arisa hanno aggiunto Rocio Munoz Morales ovvero la nuova compagna di Raul Bova. Lei non muove in pratica un muscolo della faccia e prova a essere spigliata seguendo le indicazioni degli autori. Le altre due nemmeno quello, si inceppano di continuo tra gobbo, fogli, nomi e cognomi, cercando di dire qualcosa di interessante e/o simpatico. Arisa poi ha la verve di chi è deve essere interrogata senza aver aperto libro.
Ospiti: 5,5
Tolta la famiglia Anania da Catanzaro, la più numerosa d’Italia che loda Cristo ogni 10 secondi per rispondere alle polemiche su Conchita Wurst, tra i momenti più bassi della storia sanremese (e quindi televisiva), gli ospiti fanno quello che possono, a differenza di Conti. Al Bano e Romina sono il picco trash e in questo contesto dominano, con canzoni che tutti (ammettetelo) cantiamo a squarciagola, con siparietti stile Casa Vianello, dimostrando di sapere come si tiene un palco. Tiziano Ferro fa la figura del gigante musicalmente, con un medley anche un po’ svogliato e un curioso inedito “irlandese” (Incanto). Imagine Dragons se la cavano con il loro pop melodico accattivante (stile Mumford & Sons in minore). Siani se non cerca la satira o la lacrima fa sorridere, e Pulvirenti – il medico guarito dall’ebola – dribbla con destrezza la sciocchezza delle domande di Conti. Il quale arranca nel gestire le interviste, i momenti in cui non ha tutto scritto (e nemmeno benissimo). Gli manca il gusto dell’improvvisazione di Baudo.
Il mio podio: