Che non fosse un tipico concerto lo si poteva immaginare leggendo il volantino. Ma che la tappa romana dell’Io so chi sono tour, tourneée teatrale degli Afterhours, sarebbe stata un’esperienza incredibile lo si immaginava meno. L’Auditorium della Conciliazione ha accolto sabato 31 gennaio un momento straordinario nella carriera della band di Manuel Agnelli, quello in cui sei entrato nel gotha dei grandi, non devi più dimostrare molto e puoi decidere di sederti. Gli Afterhours invece saltano in piedi e ribaltano il tavolo con un concept live, ovvero un concerto intorno a un tema preciso, quello dell’identità (spirituale, sessuale, politica e sociale) declinato in 2 ore circa di concerto in cui non solo sperimentare nuovi arrangiamenti per brani tratti da Padania (loro ultimo disco) e più datati, ma anche per contaminare la forma concerto rock con le letture, i video, il teatro. Tanto che per aprire scelgono il buio e un fascio di luce in mezzo alla sala illumina Agnelli che canta a cappella Io so chi sono.
Il gruppo ha selezionato dal repertorio i brani che meglio potessero rappresentare l’idea portante del concerto, puntellandolo di continuo con straordinari estratti dagli scritti di Pasolini, Gramsci e Ginsberg, oppure con cover di Nick Drake e Blind Willie Johnson, per creare un’atmosfera densissima e compatta, che dalla dolcezza al vetriolo di Dentro Marilyn (nella versione inglese) possa passare alle atmosfere industrial o ad assoli post-rock. E soprattutto un continuo rapporto con il pubblico, cercato fuori dal palco e coinvolto: il secondo bis vede il gruppo senza microfoni, in mezzo all’Auditorium, a prendersi gli applausi e l’affetto dei fan, regalando loro una magnifica versione di Non è per sempre. E in un concerto intensissimo, fatto di rabbia e passione, i brani più recenti fanno stranamente un effetto migliore, come Costruire per distruggere (terzo brano in scaletta e già brividi), Ci sarà una bella luce, la title track, brani complessi capaci di incarnare il travaglio stesso che è alla base del tour. Un concerto intensissimo e variopinto, in cui i fan sono chiamati in causa ma che si apre soprattutto agli ascoltatori che da un concerto non vogliono un juke-box, ma soprattutto la possibilità di conoscere corde diverse degli artisti, scavare un po’ nella loro ispirazione. E il tour Io so chi sono è una trivella a cuore aperto.