Con l’indomita chioma rossa di Emanuela Martini, per la prima volta da sola alla guida di un festival che cura da molti anni, parte il 32° Torino Film Fest, uno dei festival più belli e importanti d’Europa. Fino al 29 novembre saranno quasi 200 i film che attraverso le varie sezioni presenteranno gli emergenti più interessanti, nel concorso dedicato alle opere prime e seconde, e in grandi autori oltre alle scoperte e invenzioni cinematografiche raccolte in giro per i festival del mondo. Si parte con la sensuale Gemma Arterton protagonista di Gemma Bovery di Anne Fontaine, rilettura di Madame Bovary di Flaubert partendo dalla graphic novel di Posy Simmonds: u n film diviso tra l’anima inglese e quella francese, forzato nelle soluzioni narrative ma efficace nel tratteggio dei personaggi e nel tocco della regista.
Il vero colosso che ha aperto il festival per molti cinefili è stato però Storm Children Book I, documentario di Lav Diaz, l’autore filippino più amato al mondo, consacrato dal Pardo d’oro vinto pochi mesi fa a Locarno: per la prima volta alle prese con il documentario, Diaz lo usa per ampliare ancora la potente idea alla base del suo cinema, fatta di inquadrare ampie, lunghe, in cui far passare tutti gli elementi visivi e sonori del suo discorso, in cui il fuori campo è più importante e significante di ciò che si vede. Scolpire la realtà attraverso il tempo ed entrambi attraverso il cinema: stimola, affascina e lascia più di un dubbio (è corretto che un’operazione filmica dedicata ai bambini delle Filippine travolti da un disastro superi l’importanza del soggetto stesso del film?), ma sono dubbi fertili, che circondano e assalgono lo spettatore meglio disposto.
Domani si entra già nel clou, con Magic in the Moonlight di Woody Allen.