Il mercato cinematografico è tra quelli europei uno die più chiusi e ottusi d’Europa. La percentuale di film che non siano americani o italiani è tra le più basse (intorno al 20%, spesso inferiore) di cui la quota di cinema extra-europeo è inferiore al 5%. Il cinema latino americano è praticamente assente. Forse tutta la quota di mercato del cinema ispano-americano è concentrata in questo fine settimana in cui escono ben 3 film battenti bandiere centro o sudamericane: Ritorno all’Avana di Laurent Cantet (francese, ma profondamente cubano), La danza della realtà, ritorno al cinema del maestro cileno Alejandro Jodorowsky e Pelo malo, piccola sorpresa venezuelana diretta da Mariana Rondòn. Tre film che chiedono di capire, conoscere, viaggiare anche solo al cinema nella cultura latino-americana, che alle periferie dell’impero occidentale è bellamente ignorata.
Quello che erompe dai tre film è il cuore dei luoghi, e sembra che uno dei filoni, forse il filone per eccellenza del cinema latino americano è raccontare i luoghi in cui nasce, forse perché i registi sono consapevoli di come fuori dal turismo nessuno conosce sul serio paesi, città quartieri. Cantet, che già aveva raccontato Cuba nel film a episodi 7 giorni all’Avana, chiude i suoi personaggi in una terrazza, dalla quale guarda una piazza simbolo per l’evoluzione politica e culturale dei protagonisti, e scava lungo 40 anni di rimpianti, rimorsi, delusioni e speranze, per lo più tradite del castrismo e della gioventù. Sempre da una terrazza, ma su uno spiazzo più ampio e inquieto, guarda Mariana Rondòn: in Pelo malo la periferia di Caracas diventa specchio di un nazione e modo per la regista di riflettere sui miti culturali del suo paese (il machismo, l’apparenza, l’ostentazione di fisico o denaro) e la violenza scatenata, nonostante la venerazione di un bolivarista come Chavez. Un paese e il suo cuore attraverso palazzi e spiazzi: si pensa al modo in cui l’argentino Taretto in Medianeras descrive l’amore tra due ragazzi attraverso i palazzi di Buenos Aires.
Discorso a parte per Jodorowsky, che d’altronde ha un posto a parte nella storia del cinema: La danza della realtà reimmagina l’infanzia del regista, mostra e in un certo senso illustra i germi e i segni del suo cinema, e lo fa dal fondo di Tocopilla, cittadina di poco più di 20.000 abitanti della regione di Antofagasta, terra di miniere a nord del Cile. La povertà è riscattata dalla fantasia, dalla visionarietà e dalla voglia di conoscere il mondo e le culture altrui, dalla rivoluzione stalinista all’opera italiana. Facendo invece un percorso inverso a quello che possiamo vedere nel mercato culturale e nell’industria italiana. Che pensano, dall’alto della loro storia, di poter dire e fare tutto, di potersi chiudere, di bastare a loro stessi. Di non dover nemmeno conoscere luoghi vivi e pulsante in mezzo alle difficoltà come quelli latino-americani.