Il cinema d’autore o indipendente italiano sembra conosca un solo tema su cui affrontare il campo dell’attualità: l’immigrazione, possibilmente clandestina. Ma non esiste una sola immigrazione e non esiste un solo modo per raccontarla, a differenza di quanto vediamo durante l’anno. Oltre che dai mari del Sud, dall’Africa e dal Medio Oriente, i migranti solcano altre frontiere e cinematograficamente sarebbe il caso di raccontarli fuori dai meccanismi del cinema d’impegno,ormai divenuti stantii. Provano a cambiare le carte in tavola due film italiani visti durante il festival di Roma: La foresta di ghiaccio di Claudio Noce e Index Zero di Lorenzo Sportiello.
Quello di Noce alza lo sguardo dal Mediterraneo e lo pone sulla frontiera italo-slovena, attraverso la quale – dopo la guerra civile jugoslava – migliaia di profughi hanno cercato di fuggire dal dolore incontrando spesso, soprattutto le donne, un abisso fatto di schiavismo e prostituzione: il ritrovamento di uno dei loro corpi porterà a svelare i segreti di un paesino di montagna. A colpire non è solo lo sguardo su un misconosciuto fenomeno di migrazione criminale, ma soprattutto la chiave di racconto scelta, quella del thriller d’autore, che gioca con i luoghi e i personaggi, come un western innevato, come un noir scandinavo.
Anche Sportiello usa i meccanismi del genere, del genere più ostico al pubblico italiano, la fantascienza e la usa come si dovrebbe fare il più delle volte, ovvero in chiave metaforica: Index Zero riflette sullo squallore politico e ideologico dei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), quelle carceri malcelate in cui ingabbiamo i clandestini, i profughi e i richiedenti asilo. Negli Stati Uniti d’Europa post-apocalittici del 2035, l’umanità non è sostenibile, e quindi va eliminata, a patto di seguire le regole, adeguarsi, integrarsi alla società vigente. E tra chi chiede disperatamente di entrare alla frontiera, molti vogliono uscirne, fuggire, anche se pare impossibile. Basso budget e alto tasso di intelligenza: il cinema italiano sa parlare anche le lingue che non dovrebbero esserle consuete.