Settantaquattro anni, originario del Bronx, una sfilza di personaggi memorabili in più di 50 film (da Scarface a Il Padrino, da Paura d’amare a L’avvocato del diavolo…), 1 oscar per Profumo di donna e decine di altri premi collezionati in carriera, Alfredo James Pacino è sempre uno dei primi nomi che ti vengono in mente quando pensi alla quintessenza dell’attore.
Il glorioso cinema autoriale USA è ormai un clandestino dei Festival. Questa teoria trova un forte sostegno nella programmazione della “decadente” mostra del cinema di Venezia, che riesuma Al Pacino con 2 film, di cui uno fotocopia del film di apertura della mostra stessa.
Non è un malaugurato incidente quello che ha portato alla Mostra Al Pacino con due film fotocopia . I soliti stereotipi del Viale del Tramonto ,un repertorio fisso di tic,rantoli e barcollamenti . E allora personaggi , storia , contesti sociali ,tutto diventa pretesto .
E se in “The Humbling” a fare da intermezzo alle paranoie dell’attore sono le ossessioni che gli suscita la ragazza, in “Manglehorn” è la rabbia che ha dentro, il rimorso e la noia che non gli consentono di vivere. A loro modo entrambi si perdono dietro alla giovinezza e all’amore, ma solo il fabbro di Gordon Green decide di vivere davvero: ma mentre Levinson in “The Humbling” conserva e comprime la gigioneria di Al, “Manglehorn” la svolge senza pause, a briglia sciolta, pur declinandola dolcemente, per un’ora e mezza, tra figli, nipoti e gatti.
In The Humblig, commedia dark tratta dal libro l’Umiliazione di Philip Roth, Pacino è Simon Axler, un acclamato e attempato attore che sente venire meno memoria, talento e voglia di vivere.
Nel primo odia i gatti ,nel secondo li ama . Fine delle differenze . Nel senso che tra un set e l’altro il nostro ,forte del suo indiscutibile mestiere ,non ha neanche perso tempo a mutar panni al guardaroba ,e che all’orecchio profano il sublime Shakespeare del “Re Lear”suona identico al “mumbling”fuori campo del Pacino meccanico .
Una malattia curabile la “rassegnazione a essere una leggenda” chiamata a recitare la propria leggenda, una metafora vivente conto terzi.
Al Resistere o guardare in faccia la realtà?