Aspetta 64 anni per riscattare la più grande disfatta sportiva della storia del tuo paese, per farlo di nuovo davanti ai suoi tifosi. Il Brasile si trova tra i piedi la chiave per dimenticare il Maracanazo, la sconfitta nel ’50 al Maracanà contro l’Uruguay nell’ultima partita del mondiale che causò un centinaio di morti, e conquistare il sesto titolo mondiale a casa. Si ritrova, a partita finita, con la più grande sconfitta della sua storia calcistica. 7-1 da una Germania forte, veloce, tecnica e solida, ma anche capace di sfruttare un Brasile che pareva ubriaco in campo, e che solo nel secondo tempo è sembrato il ricordo di una squadra di calcio. I sei minuti, tra le 17:22 e le 17:28 ora brasiliana, in cui Klose (l’uomo ad aver segnato più gol nella storia dei mondiali, superando Ronaldo), Kroos (due volte) e Khedira hanno giocato da soli in campo, rubando palle ai bimbi verdeoro, sono entrati nell’immaginario dei tifosi brasiliani come un incubo. L’Uruguay è stato cancellato. Ma non quello del ’50, bensì quello che nel ’20, vincendo 6-0 aveva inflitto la peggiore sconfitta della storia al calcio brasiliano. Almeno fino all’altro ieri.
Se esiste nella storia del calcio una squadra fortissima, affidabile, spettacolare, avvincente e simpatica, che non figura in quasi nessun albo d’oro, quella è l’Olanda. Il suo nome in cima al podio lo potete leggere solo nel 1988, nel campionato europeo in Germania vinto contro l’Unione sovietica (il gol di Van Basten è uno dei 3 più belli di sempre). Per il resto tre finali mondiali perse, tre bronzi olimpici e uno europeo. E basta. Eppure nel cuore di chi ama il calcio ci sono i Cruijff, i Gullit-Rijkaard-Van Basten, i Robben e i Van Persie. Ma l’acuto, il momento in cui tirare fuori testa e cuore, oltre a occhi e piedi non arriva mai. Nemmeno ieri sera, quando bloccati dalla tensione come i rivali argentini, chiusi in una gabbia emotiva come Messi in quella difensiva, hanno fallito, a 30 secondi dalla fine, con Robben la palla della 4^ finale, la 2^ consecutiva. Ed è di nuovo andata ai calci di rigore, sfidando la cabala (l’ultima nazionale a passare due turni di fila ai rigori fu l’Argentina nel ’90, ai quarti con la Jugoslavia e in semifinale contro l’Italia, perdendo la finale per un rigore tedesco) e l’insicurezza del suo portiere Cillessen, tenuto in campo stavolta dopo la sostituzione con Krol contro la Costarica. Sfide perse: a vincerle è stato il portiere opposto, Sergio Romero. Para subito su Vlaar e poi su Sneijder e consegna a Maxi Rodriguez la palla che vale la finale. Aspettata per 24 anni e sempre la stessa: Germania-Argentina. Dopo la vittoria ’86 e la sconfitta ’90, l’Albiceleste aspetta in questo spareggio che Messi diventi il nuovo Diego Armando Maradona. Se Sabella – allenatore argentino – lo libera dalle maglie di un gioco poco sudamericano, potrebbe anche riuscirci.