Secondo giorno del Pesaro Film Fest, rotto da una pessima notizia: a 98 anni muore Eli Wallach, grande attore celebre per il ruolo di Tuco ne Il buono, il brutto e il cattivo, ma interprete di moltissimi film importanti, la cui voce ha scaldato la 2^ serata del festival. Nella proiezione all’aperto di Piazza del popolo, infatti, è stato presentato The Moon and the Son, cortometraggio di John Canemaker in cui Wallach donava la voce al padre del protagonista, lo stesso regista doppiato però da John Turturro. Il film, vincitore dell’Oscar come corto animato nel 2006, è un esperimento tra documentario autobiografico, lavoro di archivio e animazione, in cui la sincerità disarmante con cui Canemaker scava nei propri ricordi e nei segreti del padre morto, diventa una conversazione immaginaria ricca di ironia, di fantasia, di consapevolezza artistica. Un piccolo gioiello.
La serata è stato il coronamento di un giorno tutto dedicato ai cortometraggi sperimentali del Panorama USA, per descrivere le tendenze del cinema alternativo degli ultimi 10 anni tra video e ritorno alla pellicola: tra i facili giochi retorici di Phantom Limb (J. Rosenblatt), che racconta un lutto con associazioni di immagini e ricatti emotivi, ricordi di impressionismo anni ’20 (Light Plate, J. Gibson) e improbabili riletture di Lorenzo de’ Medici (Rhinoceros, K. J. Everson), spiccano Ideas of Order in Cinque terre di Ken Kobland, in cui le immagini della Liguria si fondono con la preparazione di una scena teatrale tra la serenità dei luoghi e la razionalità inquieta dell’arte, e A Horse Is not a Metaphor di Barbara Hammer, diario video-artistico della lotta della regista contro il cancro e per riconquistare il proprio corpo.
Dal concorso invece arriva uno dei film più suggestivi vista finora: Tierra en la Lengua, opera del colombiano Ruben Mendoza che racconta del viaggio (il tema portante del festival, assieme all’autobiografia familiare), che racconta del viaggio di due nipoti con il nonno uomo odioso, violento e selvaggio, ma capace di fascino magnetico, anche sullo spettatore, tra questioni da risolvere, umiliazioni e sottili vendette, e il desiderio di morire dignitosamente. Uno sguardo potente su una terra e su un uomo, tra Peckinpah e la ritualità latino-americana, emozionante perché pulsa della bellezza vera dei luoghi, delle vite, delle scelte dei personaggi, senza retorica o ricatti.
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