Chissà se ha pensato a Toldo, Salvatore Sirigu quando ieri pomeriggio gli è stato detto che sarebbe stato lui tra i pali della Nazionale all’esordio mondiale in Brasile. Francesco Toldo, in quell’estate del 2000 sostituì sempre Buffon, infortunato, per tutto l’europeo belga-olandese. Panico. Buffon era allora (e forse anche oggi) il miglior portiere al mondo. Toldo riuscì a superarlo. In quel mese, in quelle 6 partite, giocò i minuti più belli della sua carriera, culminati con la semifinale contro i padroni di casa dell’Olanda, in cui parò 3 rigori (due al capitano De Boer di cui uno durante i regolamentari) portando gli azzurri in finale. Se Buffon, come allora, è L’uomo che non c’era (raccontato dai fratelli Coen), Sirigu è come Toldo L’uomo in più, caro a Sorrentino: la paura si trasforma in sicurezza, esce, para, controlla l’area. Gli inglesi a inizio e fine partita sono pericolosi, ma Sirigu non si sbaglia. Con un portiere solido, Pirlo, Marchisio, Darmian e Candreva possono giocare puliti e tranquilli, segnare, come il principino di Torino, fornire assist che Balotelli poi tramuta in perfetti colpi di testa. 2-1. Gli altri, per ora, stiano muti o si facciano soccorrere, come il fisioterapista inglese che, ironia della sorte, si è fatto male a un piede esultando al gol del pareggio. Il vero eroe della serata.
La mano che distrusse la vita del commissario Wallander nel libro di Henning Mankell (La mano, appunto) era scheletrica, morta, sotterrata. Quella che ha trasformato l’arrivo in Brasile della Spagna campione del mondo e bi-campione d’Europa in un incubo è carnosa e vitale. E’ quella di Louis van Gaal, storico allenatore olandese, tornato alla guida degli Oranje successivamente al disastro a Euro 2012 e al 2° posto al mondiale 2010. E proprio contro la Spagna che li sconfisse in Sudafrica, la Spagna del tiki-taka e del possesso palla come ipnosi, van Gaal sfodera la sua “manita”. 5 gol, come le dita con cui saluta gli avversari: il volo di Van Persie che pareggia il rigore spagnolo è già da cineteca, la sua doppietta lo porta nella storia superando i gol in nazionale di van Basten, e Robben, vecchio forse, ma in forma strepitosa. Una serata perfetta, la rivincita servita ghiacciata che distrugge i sogni di gloria i una squadra che sulla gloria ha fin troppo riposate. E a cui ora non resta che sperare e salutare.
Il 3 febbraio 1959 è il giorno in cui morì la musica, secondo la definizione di Don McLean nel capolavoro American Pie. Era il giorno in cui un incidente aereo uccise Buddy Holly, The Big Bopper e Ritchie Valens, tre icone del rock ‘n’ roll. Il giorno in cui morì il calcio è il 4 luglio 2004, quando a Lisbona la Grecia vinse il primo e unico titolo della sua storia, il campionato europeo, contro un Portogallo che sospinto dai propri tifosi pensava di rimediare alla sconfitta rimediata nella partita d’apertura proprio dagli ellenici. Il calcio soporifero, macilento, improbabile, fuori moda e assassino della Grecia spiazzò tutti. 4 partite vinte con un gol di scarto, di cui 3 per 1-0. Il minimo indispensabile per una squadra senza talento che ha vinto impedendo agli altri di usare il pallone. Una vittoria che non diede inizio a nessun ciclo e di cui forse ancora i greci pagano il fio calcistico, stando all’ottima prestazione della Colombia di Armero, che li ha perentoriamente regolati sul 3-0, ballando e facendo ballare i rivali.