La via per far uscire la musica italiana dalla dicotomia cantautore impegnato gruppo pop, atavico seppure in via di evoluzione e che ci blocca nel nostri limiti e confini, è guardare, sentire e suonare per il mondo, non solo per il proprio pubblico. E’ ciò che provano a fare i Libra, band romana che ha presentato Sottopelle, l’album d’esordio, uscito per Volcan Records.
Un disco di atmosfere sonore e parole, che mescola l’elettronica elegante di The XX e oscura di James Blake ai tocchi più elegantemente pop di Everything but the Girl e le strutture melodiche della canzone moderna: Sottopelle si apre con la title-track, sound tenue eppure ossessivo, che regge una linea melodica insinuante ed emozionale, e con Zoe (secondo singolo e forse il pezzo migliore del disco) canto d’amore e ribellione in cui la voce di Iacopo Sinigaglia dà il meglio di sé.
Il resto del disco, forse non è bello come l’avvio, e concentrare i pezzi principali nella prima parte del disco è un errore che spesso le band giovani compiono, ma è un peccato veniale, visto il modo casuale in cui i dischi ormai si ascoltano; tanto che altre piccole gemme non mancano in Sottopelle: La calma, singolo di lancio, è il brano più acustico e chitarristico, quello con il testo più netto e limpido, mentre di solito la penna di Sinigaglia e soci è più introspettiva e complessa nei ritratti personali e altrui; Morbida gioca con atmosfere pop e suoni appena più solari, La noia – che chiude il disco – si gioca sul contrasto tra gli effetti vocali e sonori da brano dance e il tono sempre più malinconico, rarefatto, trattenuto.
Quello dei Libra è un disco molto interessante per scelte estetiche (encomiabile la produzione e la direzione artistica di Antonio Filippelli), cura sonora, attenzione ed eleganza: mancano la maturità compositiva e la continuità d’ispirazione figlia(anche) del mestiere, ma una band così giovane e con queste premesse possiamo anche aspettarla un po’.