E’ un filone che negli ultimi ha ritrovato vigore, quello del funky e delle sue declinazioni rock e dance: The Anthony’s Vinyls cercano di farsi strada in suoni che dai Red Hot Chili Peppers ai Franz Ferdinand, passando per il trionfo degli ultimi Daft Punk, rischia di inflazionare le orecchie del pubblico. Ma la freschezza della band di Valmontone, al 2° disco, argina il rischio e Like a Fish si dimostra una discreta sorpresa: riff accattivante e sornioni, ritmiche accese, intuizioni musicali che non innovano ma guidano l’ascoltatore.
L’apertura con Chromatic Games è una dichiarazione d’intenti: chitarra squillante, basso e batteria sincronizzati, ritmi per ballare senza remore. Frivoli? Forse, ma The Anthony’s Vynils dimostrano, se non una forte personalità artistica, quanto meno le idee chiare su cosa vogliano dalla loro musica e dal loro pubblico. Lo ribadiscono l’andamento di My Sister Shouts, gli ammiccamenti rock ‘n’ roll di Just Can’t Get Enough, il cambio di ritmo e il lavoro di atmosfera di My Body (in scia ai Placebo), il suono più cristallino della title track.
Like a Fish pecca di originalità se vogliamo, non solo rispetto alla musica in generale, ma anche rispetto a sé stesso; ma è un problema che Massimiliano Mattia e soci risolveranno con il tempo, forse, e con le esibizioni live in cui brani come il singolo Running Man, la dolce e dinamica Poppy e il travolgente giro di basso di Radio Obsession possono trovare la loro migliore collocazione.
Di sicuro, The Anthony’s Vynils restano fedeli al loro mondo, come dimostra la chiusura con The Train of Their Life, brano presente in ogni pubblicazione del gruppo in arrangiamenti diversi; e dopo due soli album non avrebbe senso chiedere loro di rivoluzionarlo.