Niccolò Agliardi è un cantautore abituato a stare dietro le quinte, bravo nel comporre testi e parole per alcune delle più acclamate popstar italiane come Laura Pausini ed Eros Ramazzotti. Ma stavolta la ribalta è tutta sua, grazie a Braccialetti rossi, la serie di RAI1, remake di un successo spagnolo, che sta sbancando gli ascolti e il gradimento del pubblico portando la colonna sonora – in edicola con Tv Sorrisi e Canzoni – al primo posto della classifica compilation e iTunes. Lo abbiamo sentito al telefono per parlare di questo disco, composto di canzoni originali – interpretate dalla band di Agliardi The Hills – e canzoni di vari artisti che hanno aderito al progetto regalando una canzone, come Vasco Rossi, Emis Killa, Tiziano Ferro o la stessa Pausini.
Partiamo dalla fine, ossa dal successo di Braccialetti rossi e del disco. Te lo aspettavi?
Si dice sempre di no in questi casi, però qualcosa era nell’aria mentre lavoravo con questo gruppo di persone, visionarie e coraggiose, che hanno realizzato con me il disco e la serie. In particolare tutti coloro che da Rai1 hanno fatto partire il progetto. Ho capito che questo progetto era qualcosa di speciale quando dopo aver visto il primo episodio ho sentito di avere una storia da voler raccontare e condividere con gli amici, i quali mi hanno dato fiducia e hanno collaborato con me al disco. E’ bellissimo aver marciato insieme a gente così per arrivare a un grande successo, soprattutto perché se 6 milioni di persone guardano un prodotto, di sicuro sa trasmettere qualcosa.
Come sei stato coinvolto in Braccialetti rossi?
Mi ha coinvolto la Palomar, che ha prodotto la serie. Ho visto prima il pilota spagnolo: sono rimasto impietrito e muto e ho capito di aver bisogno di fare questo lavoro. Perché la serie mi ha insegnato che il dolore e la sofferenza possono spingere al limite le capacità umane per poi lasciare felicità e serenità. E questo era il mio obiettivo, far trasparire queste emozioni. Da quel momento in poi il nostro lavoro è stato come un film nel film, con i protagonisti della serie e con la mia band. E soprattutto con Stefano Lentini, il compositore della musica della serie, del commento e della colonna sonora comunemente intesa.
Ecco, a proposito: che lavoro hai fatto con Stefano? Come avete scelto il tipo di suono?
Io lavoro da molti anni sulla forma canzone e su quella mi sono concentrato. Certo è che con Stefano dovevamo trovare un suono da amalgamare, e abbiamo sentito che c’era bisogno di evitare il ricatto, lo strappalacrime. Stefano è un compositore raffinato e ho molto amato il modo in cui i suoni accompagnano le immagini, come la musica si sposi con le canzoni e gli attori, è capace di creare una forte emotività con una nota sola. Siamo stati alleati e noi assieme al regista Giacomo Campiotti.
Come sono andate le collaborazioni con i grandi nomi del disco?
Sono state il frutto di una rivoluzione personale che Braccialetti rossi ha suscitato in me come persona e professionista. Come dicevo prima, nel raccontare questa storia e questo progetto a un gran numero di persone e colleghi ho trovate molte persone, di estrazioni e sensibilità differenti, illuminate da questa storia. E così, contagiati come me da questo racconto, mi hanno regalato i loro “braccialetti rossi”, ossia le canzoni che ritenevano adatte per questa serie: ci sono Laura Pausini (Mi tengo), Ermal Meta (Tutto si muove), Emma Marrone (Acqua e ghiaccio), Tiziano Ferro (Non me lo so spiegare), Conta (Francesco Facchinetti, singolo del disco), Emis Killa (Lettera dall’inferno), Greta (Una storia lontana), Edwyn Roberts (Sogni col motore), Il Cile (Non mi dimentico), Simone Patrizi (A parole mie), Vasco Rossi (Ogni volta) e Marco Velluti (Il mare dentro di te). E’ per me una parte importante di questa vittoria, la possibilità di condividerla.
Quali sono le bellezze e le difficoltà di lavorare su brani pensati per un film o una serie tv?
Comporre una canzone per un prodotto audiovisivo significa mettere insieme molto più di quanto serve a una canzone tradizionale: la sceneggiatura, la regia, la produzione, i discografici, la rete televisiva in questo caso, i dirigenti, ma soprattutto il bisogno del pubblico per cui il prodotto è pensato. Serve un equilibrio incredibile. Ci sono riuscito grazie in parte al mestiere e all’esperienza degli anni, ma non conta se non lasci che la storia e i personaggi vincano. E io ho lasciato che vincessero, tenendomi due passi indietro. E’ qui la vera difficoltà. Diversamente dal mio lavoro classico di cantautore, che riflette sulla propria sensibilità, qui ho dovuto riflettere la potenza della storia che gli autori hanno raccontato, far percepire la sensazione che siamo tutti Braccialetti rossi. Spero di esserci riusciti.