Torino per chi non lo sapesse sorge in corrispondenza del quarantacinquesimo parallelo, ovvero si trova perfettamente a metà strada tra il polo nord e l’equatore.
Partendo da questo assunto il regista Davide Ferrario torno alla fiction cinematografica con La Luna su Torino, un originale e curiosa pellicola, in perenne bilico tra la metafora dei suoi 3 protagonisti e in balia dei generi.
Come circensi, i 3 personaggi si destreggiano nella propria quotidianità camminando in equilibrio sul filo della loro vita. La ricerca della stabilità, la continua e persistente intenzione di trovare romanticismo e speranze prima di precipitare, sono gli ingredienti della trama del film.
Nonostante le intenzioni, il film perde spesso lucidità affidandosi a non necessari filosofeggi, buttati qua è là con l’intento di rafforzare una struttura narrativa che non avrebbe richiesto sacrifici retorici.
Ferrario, come i suoi personaggi, barcolla tra originalità e banalità, senza riuscire a trovare un percorso lineare e preciso. Il plot subisce i continui cambi di fuoco narrativo, spesso senza giustificazioni, e si perde nei meandri dell’“avrei voluto esprimere”.
Il 45esimo parallelo, unico punto d’appoggio della trama, spesso viene banalizzato come metafora di vita, come rappresentazione di un “pantarei” di vite che scorrono, si scontrano, si incontrano, si perdono e si ritrovano sulla stessa strada.
Un idea sicuramente interessante e universale, che si perde tra le ripetizioni del regista, ai clichè dei protagonisti e alla volontà di percorrere una strada originale solo sfiorata, a dispetto di un sottotesto intellettualoide che prova a decantare l’imprevedibilità leopardiana della vita.
Walter Leonardi risulta il vero mattatore del film, adombrando i due giovani Eugenio Franceschini e Manuela Parodi. Non basta Leopardi per innalzare il contenuto di un testo cinematografico, soprattutto se ci si limita a citare, omaggiare e ricordare . La Luna torinese di Ferrario non è mai piena.