La storia è quella di un ragazzo che, al funerale del suo compagno, viene costretto dal fratello del defunto a fingere di essere un amico per non turbare la sensibilità materna, che immaginava il figlio con una donna. Una situazione che si colorerà di sfumature via via più tetre. Scritto e interpretato dallo stesso regista Xavier Dolan da una pièce di Michel Marc Bouchard, Tom à la ferme è in pratica un horror dei sentimenti, un dramma su una famiglia disgregata, alle prese con un fattore esterno, che diventa un percorso sempre più teso nelle paure, nei segreti, nelle rabbie represse della sessualità.
Dolan sfodera una tensione che nasconde il suo lato tenero, come i personaggi morbosi e teneri fino al disarmo, e realizza un’opera che mette in mostra un talento forte e sempre sorprendente: a partire dal magnifico incipit, Tom à la ferme mostra un senso della costruzione, dello spazio filmico (con il formato che diventa Cinemascope in due scene quasi action), dei luoghi e un istinto registico che davvero fanno pensare al genio. E l’uso della musica, da Les moulins de mon coeur a Rufus Wainwright passando per la partitura di Gabriel Yared, da qualcuno criticato, mostra invece i segni di un regista che se già non lo è si avvicina alla grandezza.