Pochi sport sembrano più cinematografici e spettacolari del surf, per questioni plastiche ed epiche. Eppure è difficile andare più in la di 2 film nel pensarlo al cinema. Più in la di Un mercoledì da leoni di Milius (capolavoro assoluto) e del cult Point Break di Bigelow non va nemmeno Drift, film australiano diretto dalla coppia Morgan O’Neill e Ben Nott, che preferisce perdersi nella soap opera piuttosto che sondare le profondità delle onde. I fratelli Kelly, Andy e Jimmy condividono la passione per il surf e le onde. Da bambini si trasferiscono assieme alla madre a Margaret River, una tranquilla città costiera con le onde più difficili da cavalcare. Per i successivi 12 anni i ragazzi perfezionano la loro tecnica di surfisti. Jimmy, atleta dotato e innovatore della disciplina, inizia però una vita da criminale per saldare i debiti di famiglia. Andy prende allora la decisione di scommettere sul talento di Jimmy e sulle sue invenzioni per il surf, e mette su un’attività: purtroppo però finiscono coinvolti nel giro di uno spacciatore di droga locale.
Scritto da O’Neill con Tim Duffy, Drift è un dramma familiare d’ambientazione rurale a cui si appiccicano in modo un po’ posticcio le peripezie surfistiche e la vena sportiva: dopo un bel prologo in bianco e nero, il film racconta la consueta storia di amore tra fratelli, uno scapestrato e uno tutto d’un pezzo, che si arricchisce di hippie, scarsa ricostruzione d’ambienti e vicende criminali di basso profilo. L’apparenza è quella di piatto film televisivo a cui si cerca di dare vitalità con qualche momento marino spettacolare. Che però oltre a non essere memorabile, dà la sensazione di provenire da un altro film, aggiunto soprattutto in coda per giustificare la principale attrattiva. Ma 20 minuti di surf, annacquati in quasi 2 ore che ricordano Un posto al sole agli antipodi, non convincono nessuno, a maggior ragione se veicolati da un tris d’attori blandi, Sam Worthington in testa.