E’ un caso negli USA. Costato circa 3 milioni di dollari è arrivato quasi a 80 milioni d’incasso. C’è di nuovo il fiuto del produttore di Paranormal Activity (Jason Blum), ma rispetto al mezzo bluff del film di Peli, La notte del giudizio di James DeMonaco è un film molto più interessante e affascinante: a causa del drammatico sovraffollamento delle carceri, il governo degli Stati Uniti nel 2017 inizia a consentire periodi di 12 ore di tempo, una volta l’anno, in cui tutte le attività violente diventano legali. Durante uno di questi periodi in cui è tutto consentito, una famiglia si trova a doversi proteggere da un assalto di delinquenti alla propria abitazione.
Scritto da DeMonaco, La notte del giudizio è un thriller politico chiuso in una sola notte e in una sola casa, tra Panic Room e John Carpenter, che mette alla berlina alcuni nodi cruciali dell’America non solo contemporanea (la nuova democrazia è diretta dai nuovi “padri fondatori”): la violenza come elemento antropologico di una nazione, la politica della paura, la protezione della famiglia come specchio delle proprie pulsioni, la divisioni in classi solo apparentemente superata. Ricchissimo di spunti, La notte del giudizio non riesce a convogliarli in modo completo, tende alla soluzione facile e non sfrutta come si deve i suoi paradossi, ma sa aprire abissali spiragli di paranoia, sa costruire un mondo e fa guardare lo spettatore oltre la sua limitatezza rendendo quasi necessario un seguito, se non proprio una serie. In 85 minuti non è affatto poco.