La cavea dell’Auditorium Parco della Musica non trabocca come in altri casi, ma è la cornice giusta per godere di un concerto singolare come quello che i Baustelle, assieme all’orchestra di Massa Carrara diretta da Enrico Gabrieli, hanno tenuto ieri sera 27 luglio. Un viaggio nei suoni e nell’intensità di parole fuori dal comune, nell’ambizione di pensare e realizzare un’opera musicale che convogli la canzone pop e la d’autore verso le vette della musica in senso totale.
Cuore del concerto è Fantasma, l’ultimo splendido disco della band che si pone come punto di svolta e pietra di paragone non solo per il futuro della band, ma anche dell’intera sua produzione, come dimostra l’attesa di queste canzoni al pari, o forse più, dei classici del gruppo. Forse perché la veste sonora era più adatta, ma dal vivo i brani di Fantasma la fanno da padrone per numero e bellezza: aperto dai Titoli di testa e chiuso (prima dei bis) dai Titoli di coda della title-track, il concerto dei Baustelle è un volo intenso, epico e mai ridondante, puro e commovente dentro un mondo fatto di personaggi marginali ed enormi, di sentimenti quotidiani e assoluti: la vecchiaia di Nessuno, la Radioattività velata di speranza cantata da Rachele, Diorama e l’elogio dell’estasi. La seconda parte vede l’inserimento di brani diversi all’interno dello stesso mirabile tessuto sonoro ed è il centro di un concerto che diventa più bello di minuto in minuto, con Bianconi e soci sempre un po’ distaccati ma anche coinvolti in una musica dalle enormi folate emotive: Contà l’inverni cantata in romanesco (col supporto, secondo l’ironico cantante, di Proietti e Montesano), Monumentale che per testo fa quasi il paio con Diorama, La canzone del parco recuperata dal primo disco (l’ottimo Sussidiario illustrato della giovinezza).
Il palco sobrio, dominato dalla copertina dell’ultimo disco e solcato da luci raramente accecanti, è lo sfondo perfetto per far risaltare il suono e l’intensità degli arrangiamenti che informano anche i brani più noti dei Baustelle, dandogli veste ora più dolente, come Il corvo Joe o la straziante Alfredo, ora più trascinante, La morte (non esiste più) o L’estinzione della razza umana. Fa storia a se Col tempo, capolavoro di Leo Ferré che diviene simbolo stesso del concerto, anch’esso concepito come un’opera unitaria sullo scorrere degli anni e sul rapporto con la fine e la morte: Bianconi e Bastreghi vicini, sorretti da un’orchestrazione più scarna, rendono un bel servizio a un canzone già scritta nella storia con le voci di Patty Pravo o Franco Battiato. I bis, come sempre, sono al servizio della gioia dei fan, della loro voglia di cantare, ed è giusto così, specie se permettono variazioni stupende come quella di Charlie fa surf o fanno chiudere col magone con l’unica chiusura possibile, Andarsene così, da Amen.
Recensendo il disco si parlò di salto di qualità e il concerto lo testimonia profondamente: i membri del gruppo hanno raggiunto una raffinatezza strumentale e melodica notevole, Bianconi e Bastreghi hanno lo charme giusto, il fascino personale e anche il talento messo a punto dagli anni di percorsi dal vivo, a cui aggiungono. L’aggiunta dell’orchestra è il vestito perfetto per un gruppo che è entrato di diritto nel novero dei grandi: ma dopo un disco e un tour come questo come si farà ad andare avanti senza pensare che il meglio è già arrivato?