Il salto di qualità per un regista italiano è sempre una situazione che fa piacere, specialmente se avviene all’estero e per un film di genere. Jonathan Zarantonello, dopo due film curiosi ma semi-amatoriali come Medley e Uncut, arriva negli USA con un film serio e riuscito, The Butterfly Room, pellicola che attraverso una storia di femminilità riunisce un cast di scream queen tra cui la mitica Barbara Steele.
Ann è una signora elegante e solitaria, ossessionata dalla sua collezione di farfalle. La donna stringe un’insolita amicizia con Alice, una bambina dal singolare fascino acerbo con la quale instaura una distorta relazione madre-figlia. Dopo una serie di eventi, Ann scopre di non essere l’unica a ricevere le attenzioni dalla bambina, figlia di una prostituta mutilata di nome Monika, che offre il suo amore di figlia in cambio di ingenti somme di denaro, e ciò scatena nella donna un’improvvisa spirale di follia che la porta a commettere una serie di omicidi per preservare la sua apparente docilità e insospettabilità. L’unica ad accorgersi che c’è qualcosa che non va in Ann è Julie, la figlia di nove anni della vicina di casa Claudia, una giovane madre single sconsiderata e negligente, che le affida la bambina per trascorrere un week end romantico con il proprio capo, suo amante, dal quale aspetta un bambino. Scritto dallo stesso Zarantonello (da un suo racconto già divenuto cortometraggio) con Paolo Guerrieri e Luigi Sardiello, The Butterfly Room è un viaggio morboso attraverso gli stadi della femminilità raccontato con i canoni del thriller/horror che sa guardare tanto al classico che alle tensioni moderne.
Aperto dal primo piano degli occhi e del volto di Steele, per affermarne il ruolo centrale nell’immaginario orrifico degli ultimi 50 anni, il film indaga le forze ancestrali dell’essere donna, il legame impossibile da spezzare con la maternità soprattutto se repressa e negata fino a diventare totalizzante ossessione. Come prepara meticolosamente le sue farfalle per un’esposizione eterna, Ann vuole costruire il suo ideale di figlia, di vita, di morale come un’educazione sadica, bozzolo che rispecchia la violenza dei rapporti nella vita. Come in un Carrie dal punto di vista della madre, The Butterfly Room va al cuore dell’essere donna attraverso il rapporto tra una madre sadica e una figlia, di volta in volta diversa, costretta alla morte, la cui libertà e ribellione sono sinonimi di violenza forse liberatoria (quietamente agghiacciante il sotto-finale).
Un progetto serio, un’idea forte e non solo goliardica e una rimarchevole cura formale ed ecco servito il salto di qualità di Zarantonello con un film che punta sull’atmosfera morbosa dei rapporti personali piuttosto che sulla tensione narrativa, che sottolinea la tendenza contemporanea alla fiaba nera e psicoanalitica attraverso un intreccio che evolve verso il ritratto di una strega e che regala un ritorno formidabile per Steele, regina dell’urlo attorniata da sue eredi come la Heather Langenkamp di Nightmare o la Erica Leehersen di Non aprite quella porta. Un film che in Russia entra in top ten per gli incassi diventando uno dei film italiani più visti, mentre in Italia la Achab – che lo ha prodotto – è costretta all’auto-distribuzione. Un confronto che la dice lunga.
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