Ormai l’attesa e la reale presa di un disco, come quella in realtà di un qualunque evento mediatico e culturale, si pesano sui social network. A poche ore dalla diffusione di Fantasma, il nuovo album dei Baustelle, tutti gli appassionati ne parlavano. Sono le nuove frontiere della hit parade, digitale e come si suol dire liquide, da iTunes a Deezer. Ma affermano lo stesso concetto: i Baustelle sono entrati definitivamente nei pesi massimi della musica italiana, anche grazie a un disco bellissimo come Fantasma.
Il sesto album in studio della band di Montepulciano è il definitivo salto di qualità del gruppo (anche se la scia dei Mistici dell’occidente è chiara), fosse solo dal punto di vista delle ambizioni: un concept-album fatto di 19 tracce – tra canzone e inserti strumentali – sul tema del tempo, della morte e dell’assenza che è anche il primo progetto interamente prodotto dal gruppo e suonato da un ensemble di 60 elementi, quelli della Filarmonica di Breslavia. Il passo più lungo della gamba? Grazie al cielo no. Perché Fantasma sancisce definitivamente la maturità compositiva, l’eleganza strumentale, la disinvoltura ispirativa dei 6: gli anni ’60 e ’70 non sono solo un background ma diventano un mondo personale, letterario e musicale, fatto di arrangiamenti, archi, toni western e horror, malinconia apocalittica e densità poetica, in cui Mina, De André e Fossati incontrano Morricone e Bacalov, (uno dei brani si sarebbe dovuto intitolare Thursday Django).
I fantasmi come specchio del passato, lo scorrere del tempo come viaggio verso il vuoto, ma anche la disperata vitalità con cui affrontare le assenze, le mancanze, i lutti di cui è fatta la vita: strutturato come un film, con tanto di Titoli di testa (ispirati a Bava e Argento, come la copertina e la grafica promozionale), Titoli di coda e Intervallo, Fantasma amplifica il concetto di canzone d’autore dei Baustelle all’esperienza multimediale (in senso non hi-tech) in cui le canzoni non possono non avere un bagaglio emotivo, narrativo e visivo accuratamente composto dal gruppo. Partendo dalla magnifica Nessuno, sorta di manifesto sul tema dell’Aldilà, l’album esplora le tendenze del pop d’autore degli ultimi 50 anni per diventare clamore poetico e melodico, bruciando ogni rischio di maniera puntando altissimo, realizzando arrangiamenti strepitosi, curando il singolo elemento di ogni canzone come il capo d’opera di un artigiano. E capo d’opera, Fantasma può esserlo davvero: la nostalgia di Diorama, la materna e splendida Monumentale, la travolgente e inarrestabile Cristina, la coinvolgente La natura (probabile secondo singolo dopo La morte non esiste più, forse il pezzo meno bello del disco), lo straziante romanesco di Contà l’inverni, per chiudere con l’esplosione “filmica” dell’Estinzione della razza umana e l’elegiaca Radioattività (quasi un seguito di Noi non ci saremo dei Nomadi/Guccini) ne sono prezioso esempio.
Gioielli di un disco che a suo modo, per qualità e quantità (inteso come pregevolezza tecnico-produttiva), è una sorta di kolossal musicale e che promette di suonare ancora più indimenticabile nei 4 concerti orchestrali che lo promuoveranno a fine febbraio. Se per consolidare e accrescere il valore, molte band e artisti (Muse nel bene o Coldplay nel male) puntano ad allargare la fruibilità e lo spettro del proprio target, Baustelle invece scelgono la via impervia del disco concettuale, degli arrangiamenti raffinatissimi, del pop inteso come forma mentis e non come ritmi accattivanti. Tanto di cappello, e occhi sempre un po’ lucidi.