Gli dei che popolavano l’Olimpo a cui i campioni dedicavano le Olimpiadi adoravano, Zeus in particolare, scendere tra gli uomini sotto forma di animali, soprattutto tori e zanzare (in proposito consiglio la difficile ma illuminante lettura delle Nozze di Cadmo e Armonia di Calasso). Traslando gli animali ai tempi e alle Olimpiadi moderne ieri è stato il tempo dei bisonti e delle farfalle, di Clemente “Tatanka” Russo e compagni della boxe e delle ragazze della ginnastica ritmica, i due estremi visivi di questi giochi che vanno a ricomporsi nel racconto di un’emozione sportiva.
La compagine del pugilato è arrivata composta da 4 lottatori di cui il primo, Valentino, eliminato ai quarti, ma gli altri tre tutti entrati in zona medaglia. Una già assegnata, quella di Vincenzo Mangiacapre, che nei 64kg si è arreso in semifinale al forte cubano Sotolongo; le altre due ancora da colorare. Sia Russo sia Roberto Cammarelle hanno conquistato la finale: nei massimi, il bisonte descritto da Saviano ha riscattato un brutto quarto di finale ribaltando al 3° splendido round, l’incontro con l’azero Mammadov (che fa reclamo ma viene respinto, evitando una nuova farsa come quella del pugile iraniano che vi racconteremo domani) portandosi a caccia dell’oro olimpico che gli manca, mentre il supermassimo andrà a difendere l’oro di Pechino (vinto dopo il bronzo di Atene) dopo la vittoria tesissima con l’altro azero Medzhidov. Dimostrazione che il movimento pugilistico italiano è in difficoltà ma prova a reagire con la passione e il talento.
Quello che da qualche tempo sfoggiano luminose le farfalle della ginnastica ritmica, la squadra italiana che dopo il 4° posto contestatissimo di Pechino (ma i giudici sono spesso casalinghi e dovrà stare attento anche Cammarelle contro il britannico Joshua) è riuscita a vincere ben tre titoli mondiali e che ha chiuso al 2° posto l’eliminatoria. Negli ultimi mesi, i risultati non sono stati dalla sua parte, così come la forma, ma i primi esercizi di squadra, alle palle, e a cerchi e clave, fanno ben sperare. E soprattutto testimoniano – vedasi la squadra russa – dell’evoluzione della specialità da una chiave prettamente ritmica a una spettacolare e acrobatica che la regia televisiva non riesce bene a inquadrare: il gioco di coreografie e geometrie di attrezzi e ballerine (anziché “semplici” ginnaste) meriterebbe l’occhio se non di Busby Berkeley o Bob Fosse almeno di un buon regista di Broadway.
Sul fronte squadre azzurre, gioie e dolori, l’esultanza di un Settebello davvero fortissimo che dimostra contro la Serbia di meritare quel titolo mondiale vinto proprio contro i serbi e di potersi andare a riprendere quell’oro vinto 20 anni fa, a Barcellona, con al timone colui che domani sarà il nostro avversario, Ratko Rudic re della pallanuoto italiana ora allenatore della Croazia; e la sofferenza dell’Italia della pallavolo, che infrange il suo sogno su una doppia maledizione: quella del Brasile, squadra fortissima e per l’Italia praticamente insormontabile, e quella delle Olimpiadi, unico alloro che manca al volleyball nostrano. Appuntamento a Rio, dove battere il Brasile nella torcida incendiaria sarà più difficile che riconoscere Zeus vestito da bisonte.