Mancava dalle scene da 4 anni Alanis Morissette, e da Roma ancora di più, visto che l’ultima data italiana era al Heineken Jammin’ Festival nell’anno dell’ultimo disco (Flavour of Entanglement). Con il nuovo Havoc and Bright Lights, la canadese torna alla carica per cercare di recuperare il feeling col grande pubblico che dopo Jagged Little Pill e il suo successore Supposed Former Infatuation Junkie ha faticato a presentarsi. E per darsi un nuovo via, Morissette affronta il palco con un mini-tour di 4 date italiane che fa tappa anche nel bell’impianto all’aperto della cavea dell’Auditorium di Roma.
Pubblico emozionato che affolla tutti i posti a disposizione e accoglie con grande calore la cantaturice che fin dai primi brani dimostra di voler convincere i fan e non solo con una prova fatta di comunicatività, a supplire qualche carenza vocale e di amplificazione nei brani iniziali. La scaletta, come prevedibile, vela ancora di mistero il nuovo album, presentato con pochi brani tra cui il bel singolo Guardian, e ovviamente si concentra sui singoli di maggior successo, sulle canzoni che le hanno fatto vendere circa 60 milioni di copie nel mondo.
In quasi due ore, Morissette inanella una prestazione in crescendo che assieme a Hands Clean, So Pure, Citizen of the Planet, mette in fila le canzoni che fanno cantare i fan e che vengono praticamente tutte dal primo disco (se si escludono gli albori dance noti solo in Canada): You Oughta Know, Hand in My Pocket, You Learn, All I Really Want, la splendida Forgiven, Head over Feet e Ironic, vero e proprio inno dell’artista che il pubblico canta quasi a sovrastarla. L’amore del pubblico raggiunge l’apice in Thank You, primo bis e atto d’amore verso il suo pubblico che sceso dalle sedie e accalcatosi sotto il palco la saluta con centinaia di pezzetti di carta, trasformati in coriandoli.
Se la prova di Morissette è piena di vigore, anche se non sempre all’altezza della sua fama, va sottolineato il gran feeling con la sua nuova band, a cui giustamente la canadese lascia molto spazio, tutto il finale in pratica, per prendersi gli applausi che il loro talento merita. Ed è giusto che sia così: la mancanza di divismo che le fa lasciare il palco senza dover tornare in cerca di facile gloria è la testimonianza di un’artista umile e caparbia che sa unire il percorso musicale a quello umano. Ringraziando, anziché farsi ringraziare.