Se cercate una cinematografia in grado di raccontare e descrivere lo scorrere del tempo e delle età della vita, guardate sicuri alla Francia che, senza scomodare Truffaut, ha in Olivier Assayas un ottimo cantore. Oppure nella giovane Mia Hansen-Love (non a caso attrice in due film di Assayas) che al terzo film costruisce un piccolo prezioso come Un amore di gioventù che già dal titolo dice molto.
Protagonisti sono Camille e Sullivan, due giovanissimi fidanzati che si separano perché lui, voglioso di esperienze e avventura, parte per il Sud America. Lei si rifà una vita, ma lui torna. Trama limpida e semplice che potrebbe essere di un mélo d’altri tempi, quella scritta dalla stessa Hansen-Love, che diventa nelle sue mani una commedia in cui spira la brezza del tempo, la leggerezza degli anni giovanili, che formano prima di spezzarti.
Più che la storia d’amore in sé, Un amore di gioventù racconta l’effetto che l’amore ha sulla crescita e l’evoluzione delle persone, riflettendo soprattutto sui percorsi paralleli di ragazzi e ragazze di fronte alla vera prima grande prova della vita: Camille e Sullivan diventano quasi un simbolo e se il film si concentra su di lei è per sottolineare il modo in cui cresce, procede e trova la sua strada, mentre lui nel suo idealismo infantile resta ancora il ragazzo che fugge in primis da sé stesso. Hansen-Love però ci tiene soprattutto a costruire un film che trasmette emozioni e istinti della giovane età, che attraverso lo stile sappia descrivere la crescita e i passaggi; e ci riesce perfettamente con un film che guardia con ironia bonaria all’assolutismo giovanile, procede per gesti compiuti (le puntine sulla cartina sudamericana) e non (le lettere che non arrivano più) e odora di verità, come nella sequenza in cui lei, per fare la pace, avanza a quattro zampe su una panca.
Al terzo film, Hansen-Love ha raggiunto una piena maturità espressiva, una fluidità di regia e racconto invidiabile che si poggia tanto sul montaggio ritmato di Marion Monnier quanto sulle canzoni (e anche qui c’è zampino di Assayas) non originali tra cui spicca The Water di Johnny Flynn e Laura Marling, un modo pienamente cinematografico di informare e coinvolgere lo spettatore. E se il film ha il sapore di ciò che abbiamo vissuto o stiamo vivendo lo si deve alla genuinità dei suoi interpreti, soprattutto Lola Créton, adorabile nella sua normalità pulsante.