Il ragazzo in alto, si potrebbe tradurre il titolo originale di Sister, L’enfant d’en haut. E darebbe bene la prospettiva da cui guardare un film che ha vinto l’orso d’oro all’ultimo festival di Berlino, diretto da Ursula Meier dopo il disturbante Home, e che continua a scolpire i suoi personaggi attorno ai luoghi in cui decidono di vivere o sopravvivere.
Louise è una ragazza sbandata che vive col fratello Simon, il quale mantiene la “famiglia” con furti ai turisti della stazione sciistica vicino alla quale abitano. I due si trovano e si perdono, ma c’è uno strano segreto a legarli per sempre. La regista scrive con Antoine Jaccoud e Gilles Taurand un dramma familiare cupo, quasi compresso dentro due personaggi che cercano l’equilibrio impossibile per volersi bene.
E questo equilibrio parte già dalla scelta di ambientare il film nell’asimmetria sulle Alpi dove il basso della valle domestica e l’alto degli alberghi e delle piste fungono da simbolo di un tentativo di smarcarsi dalla propria condizione socio-economica, sottolineato dalla presenza centrale della funivia che collega i due estremi. Ma soprattutto, in modo più sottile del film precedente, Meier fa pulsare questi ambienti attorno al bisogno d’affetto e al dolore del non poterlo/saperlo dare, attorno alla necessità di tenersi quei brandelli d’amore che la famiglia – qualunque forma essa abbia – concede, e lo fa con il tatto nel tratteggiare i caratteri con gesti delicati o irruenti.
Meno ostico e relativamente più convenzionale rispetto a Home, ma anche più comunicativo, il film s’inceppa quando cerca di dare alla storia dei sentimenti un valore allegorico, una più alta urgenza che non sa gestire e l’indecisione tra uno stile dardenniano all’inizio e una maggiore compostezza d’autore più avanti lo mostra chiaramente. Fuori dal tempo e con una bellissima prova della seducente Léa Seydoux, Sister è un film che chiede allo spettatore di concentrarsi, non per capirlo meglio ma per dimenticare ciò che non funziona e dare attenzione ai suoi due splendidi protagonisti. Fiore all’occhiello del film di Ursula Meier.