Otto personaggi 4 uomini e 4 donne, osservati per due anni mentre affrontano nevrosi sentimentali, frustrazioni lavorative, piccoli e grandi tradimenti. Il dettaglio è che i protagonisti sono tutti gay. Alcuni dichiarati e convinti, altri indecisi, chi invece preferisce sia uomini che donne, in una tranquilla bisessualità.
“E’ una commedia sulla comunità gay raccontata finalmente senza drammi o pietisimi“. Con queste parole il regista Mariano Lamberti ha descritto Good asd You (slogan del movimento omosessuale durante le marce di protesta alla fine degli anni ’60), gay comedy tutta italiana tratta dall’omonima pièce teatrale di Roberto Biondi. La commedia, racconta la comunità glbt, un insieme di persone felici, sorridenti, “normali”. Per la prima volta si assiste ad uno “spettacolo” che non crea il binomio gay/tristezza; una realtà vera e propria che non ha nulla a che vedere con le solite lagne tipiche dei film italiani che fanno della pietà il loro punto di forza.
“Non è tanto difficile fare un film sui gay, quanto farne uno in cui il punto di vista cambia radicalmente rispetto al solito” ha affermato Lamberti, “insomma, non è un punto di vista etero” gli fa eco Diego Longobardi (attore e produttore del film). Infatti, G.A.Y. ha l’onore di “non rendere i gay marziani ma semplici terrestri”, peccato per la regia a tratti quasi da mano debuttante e per la sceneggiatura fin troppo scialba, soprattutto quando affronta temi difficili come l’hiv e le famiglie omogenitoriali.
Nonostante gli sforzi evidenti di non cadere nei soliti cliché, “la checca pazza” non manca mai, così come non mancano i doppi sensi, forse troppo forzati, i falli vibranti e non, il sesso tra una donna armata di finto pene ed un uomo macho ma poco virile. Scenette esageratamente imbarazzanti che fanno abbassare lo sguardo e mormorare; sketch imposti per non cadere nello stereotipo del gay malmenato ma fortemente evitabili. Eppure le tematiche importanti andavano sfruttate.
Diego Longobardi è stato per tanti lunghi anni, direttore artistico della serata Muccassassina, serata di autofinanziamento del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, associazione da anni impegnata in prima fila per la prevenzione e l’informazione di questa pandemia ma, del sesso sicuro, nemmeno l’ombra.
E cosa dire delle famiglie omogenitoriali? “Quello di avere un figlio è un desiderio legittimo, come dimostra l’esistenza di tantissime cosiddette “famiglie arcobaleno”, un fenomeno ben più diffuso di quanto non si pensi. Anche perché il modello della coppia tradizionale è ormai messo in discussione, quindi è bene riformularlo” afferma Lamberti. Ma il genitore del modello “vecchio stile” ha la possibilità di tutelarsi in caso di morte o separazione dal coniuge, nella coppia omosessuale il coniuge non esiste, così come una legge ad hoc per le coppie omosessuali.
Nonostante la sceneggiatura insoddisfacente, il policromo cast artistico è stata una bella rivelazione. Promossi a pieni voti Diego Longobardi (Marco) – anche se a tratti troppo bifolco- ed Elisa Di Eusanio (Mara) -la butch romanaccia-, impeccabili Lorenzo Balducci (Adelchi), Daniela Virgilio (Silvia), Lucia Mascino (Francesca), insignificante Enrico Silvestrin (Claudio); un velo pietoso invece va steso sui volti di Micol Azzurro (Marina) -prototipo della bionda stupida – e Luca Dorigo (Nico) l’ex tronista, presenza superflua ed inutile.
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